Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/237

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218 capo ii

e dopo essersi alzato aveva osservato una luce celeste e splendore di lampadi, ma nulla più; che maravigliati gli amici dell’accaduto, sceso Pausania, mandò alcuni per cercare; che finalmente impedito di più occuparsene a lungo, disse essere accaduta cosa degna di venerazione, e doversi sagrificare ad esso come a chi era divenuto un dio. Ermippo afferma per altro che una certa Pantea, agrigentina, sfidata da’ medici, era stata guarita da lui, e che per questo faceva il sagrificio, e che circa ottanta furono gli invitati. Ma Ippoboto scrive che surto s’incamminò come per alla volta dell’Etna, che forse giunto colà si precipitò ne’ crateri del fuoco e disparve, per raffermare sul conto suo la fama ch’era diventato un dio; e che da ultimo si riseppe la cosa essendo stato ricacciato in aria uno de’ suoi sandali, che solea calzare di rame. Ciò negava Pausania. — Diodoro efesio, scrivendo di Anassimandro, dice che Empedocle lo imitò usando tragico sussiego e assumendone l’abito venerando. — Narrasi ancora, che invasi i Selinunti da peste, a cagione de’ cattivi odori provenienti dal vicin fiume, per cui e morivano essi e le donne con difficoltà partorivano, Empedocle vi meditò sopra, e due de’ prossimi fiumi a sue spese introdusse in quello, onde col mescervisi ne addolcissero le correnti; che per tal modo cessata la peste e i Selinunti banchettando un giorno in riva al fiume, comparve Empedocle; che essi surti si prostrarono a lui e gli fecero voli come a nume; e che quindi raffermar volendo questa opinione e’ siasi precipitato nel fuoco. Ma a queste cose contradice Timeo affermando apertamente che si ritirò nel Peloponneso, e che in somma non