Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/305

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come cosa di nessun pro, essendo già presso a molti quei libri. E ciò è manifesto: perocchè ricordando Platone quasi tutti gli antichi, non mai fa menzione di Democrito, neppure là dove in alcuna cosa era da confutare; veggendo come sarebbe parso in tal modo ch’e’ volesse combattere l’ottimo dei filosofi, che anche Timone loda così:

     Quel Democrito re della parola,
     Nel conversar versatile, prudente,
     Che tra’ primi conobbi.

IX. Era a que’ tempi in cui, nel suo piccolo Diacosmo, egli si chiama giovine a petto del vecchio Anassagora, essendo quarant’anni minore di quello. Narra poi di avere composto il suo piccolo Diacosmo l’anno settecentrentesimo dopo la distruzione di Troja; e sarebbe stato, al dire di Apollodoro, nelle Cronache, nell’ottantesima Olimpiade; al dire di Trasilo, nell’opera intitolata Cose da premettersi alla lettura dei libri di Democrito, nel terz’anno della settantesima settima Olimpiade, essendo, scrive, un anno maggiore di Socrate; e quindi al tempo di Archelao discepolo di Anassagora, e di Oenopide; poichè anche di costui fa menzione. Fa menzione eziandio della dottrina di Parmenide e di Zenone intorno all’uno, siccome de’ suoi dì assai celebrati, e di Protagora abderita, il quale si conviene essere contemporaneo di Socrate.

X. Racconta Atenodoro, nell’ottavo Delle passeggiate, che essendo Ippocrale andato da lui, esso co-