Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/32

Da Wikisource.
20 capo ii

no in grammatica, così nè quelli che si commettono nel vivere. — In proposito della fortuna accusava gli uomini dicendo, che e’ chiedono i beni che loro sembrano tali, e non quelli che veramente sono. — A que’ che si spaventavano dei sogni diceva, come sulle cose che fanno vegliando, non riflettono, sull’altre che nel sonno fantasticano, si danno un gran che fare. — In Olimpia proclamandosi dal trombetta: Diosippo vince uomini; Costui per certo schiavi, ma io, uomini. — Era amato anche dagli Ateniesi; e per verità avendogli un giovinetto fracassata la sua botte, diedero a quello delle busse, a lui ne procurarono un’altra. — Racconta Dionisio lo stoico, che preso dopo la battaglia di Cheronea, fu condotto a Filippo, e interrogato chi fosse, rispose: Un esploratore della tua insaziabilità. — Mandando un giorno Alessandro una lettera ad Antipatro in Atene per un certo Atlias, trovandosi presente, disse: Uno sciagurato ([testo greco]) da uno sciagurato ([testo greco]), per mezzo di uno sciagurato ([testo greco]) ad uno sciagurato ([testo greco]). — Minacciando Perdicca, se non veniva a lui, di ucciderlo, disse: Cosa non grande; poichè anche una cantarella ed un ragno potrebbero far ciò. Ma di questo dovea minacciarmi piuttosto: che se fosse vissuto senza di me, sarebbe vissuto felicemente. — Gridava spesso dicendo: Che i Numi aveano concesso agli uomini un viver facile, ma che era stato occultalo da coloro che vanno in traccia di cose fatte col miele, di unguenti e simili. — Quindi ad uno che si faceva calzare dal servitore: Non ancora, disse, tu se’ beato, s’ei non ti soffia anche il naso; e questo avverrà, essendo tu im-