così anche l’avvèrsario. Se poi non verisimile, nè esso sarà creduto dicendo quello che appare. E il persuasivo non s’ha a stimare che sia vero; poichè ned esso persuade la medesima cosa ad ognuno, nè continuamente le stesse; e la persuasione nasce anche da ciò ch’è estrinseco, dalla riputazione di chi parla, o dalla riflessione, o dalla dolcezza, o dalla consuetudine, o dalla grazia. Toglievano di mezzo anche il criterio con questo discorso: O il criterio è stato esaminato, o non è stato esaminato. Ma se non è stato esaminato, costituisce una cosa sospetta che si allontana dal vero e dal falso; se è stato esaminato, una di quelle che si giudicano partitamente; di modo che sarebbe lo stesso e giudicare ed esser giudicato; e chi giudica il criterio sarà giudicato da un altro; e anche questi da un altro, e così all’infinito, A ciò s’arroge il non essersi d’accordo intorno a questo criterio, alcuni chiamando criterio l’uomo stesso, alcuni i sensi; altri la ragione, altri la fantasia che comprende. E l’uomo non accordarsi nè con sè nè cogli altri, siccome è manifesto dalla differenza delle leggi e dei costumi. I sensi essere ingannevoli, la ragione discorde; e la fantasia che comprende giudicarsi dalla mente e la mente in diverse maniere rivolgersi. Dunque è ignoto il criterio, e perciò la verità. Ma nè pure v’ha segno; poichè, essi dicono, se v’ha segno, o è sensibile, o intelligibile. Ora sensibile non è, essendo il sensibile comune, e il segno particolare; e il sensibile è tra ciò ch’è differente, e il segno tra ciò che ha relazione con qualche cosa. Ma neppure è intelligibile, perchè l’intelligibile o è apparente di apparente,