Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/330

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pirrone. 309

mostrazione? Cercasi poi non che cosa elle appajano, ma se in sostanza stieno così. Dimostrano essi apertamente stolti i Dommatici; poichè la deduzione da un’ipotesi non ha la convenienza di un esame, ma di una tesi. Ora con sì fatto ragionamento possiamo metter la mano anco negli impossibili. Però quelli che stimano non doversi giudicare il vero dalle cose che sono per circostanza, nè stabilir leggi da quelle che per natura, dicono, determinar essi le misure di ognuna, non accorgendosi che quanto apparisce, apparisce per ordinamento e reazione; od ogni cosa dunque è a dirsi vera, od ogni cosa falsa. Che se taluna è vera, in qual modo discernibile? Non dal senso le cose sensibili, tutte eguali ad esso apparendo; non dall’intelligenza, per la stessa cagione; nè fuor queste vedersi altra facoltà ne’ giudizj. Colui dunque, dicono, che stabilisce qualche cosa di sensibile o d’intelligibile primamente deve regolare l’opinione intorno a quella; poichè gli uni ne tolgono una parte, gli altri un’altra. Però è mestieri giudicare o per mezzo del senso, o per mezzo dell’intelligenza. Ora di entrambi si disputa; dunque non si possono approvare le sentenze in riguardo alle cose sensibili o intelligibili. Che se dobbiamo rinunciarvi per la pugna ch’è nelle intellezioni, si toglie ad ognuno la misura colla quale sembra potersi esaminare diligentemente qualsiasi cosa: tutto quindi stimerassi eguale. Più, colui che fa queste ricerche in nostra compagnia, dice: Una cosa che appare è dessa verisimile o no? Se è verisimile, nulla avrà da replicare quegli cui appare in altro modo; poichè siccome egli è degno di fede affermando ciò che appare,