Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/39

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diogene. 27

pancia, imperciocchè e tu ne saresti alleggerito, e noi ne avremmo pro. — Disputando un giorno il medesimo oratore, Diogene, mettendo fuori un salame, trasse a sè gli uditori. Sdegnatosene l’altro: La disputa di Anassimene, disse, è stata disciolta da un salame di un obolo. — Un dì lo si biasimava perchè mangiasse in piazza, In piazza, disse, ho anche avuto fame. — Alcuni tengono per suo anche quel motto: che quando Platone vedendolo lavare dei camangiari, avvicinandosi a lui pianamente gli disse: Se tu avessi fatta la corte a Dionisio non laveresti i camangiari; egli pienamente del pari gli rispondesse: E tu se lavati i camangiari, non avresti servito Dionisio. — Ad uno che gli diceva: Molti si burlano di te: Anche di loro per avventura gli asini, rispose; ma nè dessi abbaiano agli asini, nè io a loro. — Vedendo un giovinetto filosofare, dissegli: Coraggio via, trasferisci gli amatori del corpo alle bellezze dell’anima. — Ammirando uno i voti che sono in Samotracia, disse: Sarebbero molto di più se ve gli avessero posti que’ che non si salvarono. — Altri raccontano questo dì Diagora melio. — Ad un bel giovinetto che andava ad un convito, disse: Tu ritornerai indietro Chirone (peggiore). Tornato costui il giorno dopo e dicendo: Io andai e non diventai Chirone, gli rispose: Per verità Chirone no, ma Eurizione (più largo). — Chiedeva ad uno assai difficoltoso, e costui rispondevagli, se mi persuaderai. Dissegli: e ti potessi persuadere, ti persuaderei a strangolarti. — Era tornato da Sparta in Atene. Ora ad uno che gli dimandò: Donde e dove? Dall’appartamento degli uomini, rispose, all’appartamento delle donne. — Tornava