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414 | epicuro. |
limiti della carne, e purgata dal timore dell’eternità, rese al tutto perfetta la vita, e non più s’ebbe mestieri di tempo infinito; e non fuggì il piacere nè pur quando gli eventi preparavano la cessazione della vita, ma uscì quasi lasciando qualche cosa di una vita indeterminata.
XXII. Colui che scorge i limiti della vita, vede come di leggieri si acquisii ciò che toglie il dolor del bisogno e costituisce perfetta l’intera vita, di modo che non abbia mestieri di cose che ammettono contrasti.
XXIII. Deesi poi fondare i ragionamenti sopra il sussistente e sopra ogni evidenza, alla quale riferiamo ciò che opiniamo; altrimenti tutto sarò pieno di dubbiezza e di perturbazione.
XXIV. Se combatti tutti i sensi, non avrai nè pur quelli cui tu dica esser fallaci, ai quali riferendoti poter giudicare.
XXV. Che se rifiuti semplicemente un qualche senso, nè dividi quello che opini secondo ciò che aspetta la prova e ciò che già ci è in presenza pel senso e la passione ed ogni applicazione fantastica della mente, confonderai anco i restanti sensi con vane opinioni, per modo da far getto di tutto il criterio.
XXVI. Ma se fermerai e tutto quello, che nelle concezioni opinabili aspetta una prova e quello che non l’aspetta, tu non escluderai il falso, quasi conservando ogni dubbiezza ed ogni giudizio retto o non retto.
XXVII. Se in ogni occasione non rapporterai ciascuna cosa che si fa al fine della natura, ma innanzi morire, sia la fuga sia la ricerca, rivolgerai ad altro, i tuoi ragionamenti non saranno conseguenti alle azioni.