Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/47

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diogene. 35

cosa, che Seniade andava attorno dicendo: Un buon genio è entrato in mia casa. — Racconta Cleomede nel libro che ha per titolo: Pedagogico, che i suoi famigliari il volevano riscattare, ma che e’ li chiamava semplici, poichè i leoni non sono schiavi di quelli che li nutriscono, ma quelli che li nutriscono dei leoni; ed è cosa da schiavo l’aver paura, e le fiere sono paurose agli uomini.

X. Aveva quest’uomo non so quale mirabile persuasiva che ne’ discorsi, chi che fosse, facilmente rapiva. A proposito di che si racconta come certo Onesicrito eginese mandò in Atene uno dei due figli che aveva, chiamato Androstene, il quale avendo udito Diogene, colà si rimase con lui; che mandatogli appresso anche l’altro, detto di sopra, cioè Filisco, il maggiore, fu del pari trattenuto anche Filisco; che giuntovi terzo anch’esso, si pose egualmente insieme co’ figli a filosofare. Tale incanto avevano in sè i discorsi di Diogene. — Furono suoi uditori e Focione, soprannominato il buono, e Stilpone megarese, e molti altri personaggi di repubblica.

XI. Si dice ch’e’ morì dopo quasi novant’anni di vita. Ma della sua morte si fanno diversi racconti; poichè affermano alcuni che avendo mangiato una zampa cruda di bue, fu preso da morbo colerico, e per tal modo cessò; altri che per rattenimento di respiro. E tra questi è anche Cercida megalopolitano, o cretense, il quale ne’ suoi meliiambi dice così:

     Or presente non è quel sinopeo,
     Quel che il baston portava e il mantel doppio,