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Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/81

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annotazioni 69

ginta diebus. Sotto [testo greco] il Casaubono crederà ascondersi il nome di quello cui la sposò Crate. Tupio congettura [testo greco]. — Le indecenze che si attribuiscono a Crate non si affanno per certo col suo carattere. La sua probità, la sua discrezione, dice Clavier, erano sì note che non vi era padre di famiglia che avesse segreti per lui, non si giovasse de’ suoi consigli, e non lo considerasse come un genio tutelare. Il più celebre dei discepoli di Diogene non aveva la causticità caratteristica del maestro. La sua indole dolce lo rese più proprio a formare, col suo discepolo Zenone, il passaggio della morale cinica alla stoica. Secondo Ritter, nè in esso, nè nei Cinici suoi contemporanei e posteriori, nessuna coltura scientifica.

CAPO VI.


Metrocle.


I. Era sì guasto di salute. — [testo greco]. Voce sospetta al Menagio. Forse secondo lui [testo greco], vergognoso. — Il Salvini volta, guasto dall’ambizione.

CAPO VII.


Ipparchia.


II. Assunto lo stesso abito aandava attorno col marito ec. — Per quanto singolari, non sono men vere e men possibili le stranezze d’Ipparchia. Secondo Apulejo ed altri, il suo matrimonio fu consumato coram luce clarissima, sotto il Pecile; se non che un amico di Crate coprì gli sposi col suo mantello. I Cinici edificati di tanto, istituirono ad onore d’Ipparchia una festa che intitolarono Cinogamia (nozze cagnesche), e che si celebrava sotto lo stesso portico. — È noto un poema latino di P. Petit, stampato a Parigi nel 1677 in 8.° Cynogamia, sive de Cratetis et Hipparchiae amoribus.