Pagina:Lando - Paradossi, (1544).djvu/109

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AL MOLTO ILLU/

STRE ET REVERENDO SI

gnore, il S. Cola Maria Caraccio

lo V. di C. et assistente di

sua santità.


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EMPO è hormai Signor mio ch'io attenda alle promesse le quali, non ho potuto più tosto adempire, per esser stato da che non viddi quella, di continuo alla Corte del Re Francesco, ove per i continui suoi movimenti l'ocio del scrivere è del tutto bandito, et ad ogn'altra cosa fuor che al comporre e lecito di pensare, havendo finalmente ritrovato in Lione, un poco di quiete, et veggendo molti giovani della natione Italiana disiderosi di leggere, et anche di trascrivere li Paradossi che già in Piacenza vi promisi, deliberai rivedergli, et poi lasciargli in publico uscire, tanto piu che havendone già traportati alcuni in lingua Francese l'ingegnoso messer Mauritio Seva, poteva facilmente temere che prima Francesce che Italiano parlassero, il che non havrei voluto per molti rispetti, gli ho poi divisi in due libri, de quali, l'uno ho dedicato à monsignor di Trento et amministratore di Prissinone Principe veramente degno d'essere et dalla bontà vostra teneramete amato, et da me per molte cagioni devotissimamente servito, et l'altro alla Signoria vostra Reverendissima, la quale, aspettava forse, che io li scrivessi in lingua Toscana come far sogliono


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