Pagina:Lando - Paradossi, (1544).djvu/27

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tissime vie, et che ciò sia vero, vegasi che quando M.Tullio volle descrivere le spurcitie et libidinosi fatti di G.Verre, dipinse primieramente tutte le amenità de luoghi ove solito era di conversare quasi che elle fussero state ministre de suoi falli. Le richezze furono sempre giudicate di si mala qualità che altri, spine, et altri fiamme, le dissero et sempre fecero gli huomini insolenti, arroganti, bizarri, avari, dispettosi, bestiali, negligenti, disdegnosi, folli, ritrosi, lascivi, et odiosi, ne alcuno ritrovossi mai che dubitasse ch'elle non fussero perpetuo alimento di pessime operationi. C. Plinio nella sua naturale istoria scrisse, essere noi et oppressi, et fin nel profundo tratti da tesori la natura per nostro benefitio ci nascose. Zenone afferma che piu tosto nuocano che giovino, ne lascierò di dire che andando Crates Tebano in Atene per dare opera alla filosofia, gitasse nel mare quanto havea d'oro et d'argento, pensando non potere et la virtù et le richezze insieme possedere, il medesimo affermorno Bione, Platone, et altri savi filosofi, ma à che piu cittare bisogna testimoni: quando la santissima bocca di Giesu disse, che piu agevolmente entrerebbe nella cruna d'un'accora, una fune di nave, che il ricco ne reame de celi, essortandoci à spargere senza alcun deletto le faculta nostre a bisognosi. Finsero alcuni (veramente ingegnosi) che essendo invaghito Giove delle rare bel

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