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Un Nuovo Lapidario

per Mutina


S

ono passati centoventi anni da quando Arsenio Crespellani pubblicando il suo Gli scavi monumentali romani scoperti a Modena e suo contorno offriva un contributo fondamentale per la conoscenza della città romana di Mutina e lanciava il suo appello per intraprendere ricerche e scavi: Anima dunque o concittadini e sino che si è in tempo sorga fra noi un ’eletta schiera, come nel 1845, che senza frapporre indugi intraprenda uno scavo regolare che ridoni a novella luce questa seconda Pompei che le alluvioni dei torrenti hanno sepolta e forse salvata dalle devastazioni degli uomini e dei secoli. La sua speranza però non fu esaudita. I decenni che seguirono videro mutare profondamente le stesse basi su cui si fondava il pensiero di tanti illustri studiosi & cui si deve, in quella felice stagione postunitaria, tra l’altro, la costituzione del Palazzo dei Musei.

Lo sviluppo urbano e industriale che accompagnò l’inizio del nuovo secolo seppellì le speranze di Crespellani sotto migliaia e migliaia di metri cubi di cemento. Ville, case, strade, industrie si sovrapposero a quegli strati alluvionali che per centinaia di anni avevano gelosamente custodito le vestigia di una fra le più importanti città romane dell’Italia settentrionale, sigillando, sotto nuovi quartieri, altre case, altre strade, altre storie.

Alla fine del XIX secolo una buona parte di Mutina, quella che si estendeva ad Est delle fortificazioni rinascimentali (oggi i viali che circondano il centro) era ancora archeologicamente indagabile, ma negli anni successivi, l’ampliamento urbano interessò in


La carta archeologica di Modena realizzata da Arsenio Crespellani nel 1888.


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