Pagina:Laude (Roma 1910).djvu/132

Da Wikisource.
110 JACOPONE DA TODI

De la luce facea la tarza       et de la tenebra la lanza,
     posi mente a la bilanza       et comenciai a caualcare.
Al primo grado ch’io salìa,       la pigritia trouai emprìa,
     dissi: donna, male stia!       ché per te nasce onne male.96
Io sguardai, non era sola,       apresso lei staua la gola
     con un’altra ria figliola,       luxuria è suo uocare.
Entanno disse l’alma mia:       questa è mala compagnìa,
     con la lancia la ferìa       et sì la feci tralipare.100
Poi me n’andai nel seconno,       uanagloria me fo entorno,
     uolea far meco sogiorno       como già solea fare.
Io li dissi uillanìa,       tosto me rispose l’ira:
     noi hauemo una regina       et semo de sì alto affare.104
Auaritia è el suo nome       et manten questo costume,
     cha racoglie & sì repone       ciò che potemo guadagnare.
Io, uedendo tal brigata,       la targia m’ebbi abracciata,
     l’una & l’altra ebbi frustata       et sì le feci scialbergare.108
Poi, crescendo mia possanza,       fui al terzo22 con alegranza;
     là trouai la ignoranza       et sì la presi a biastemare.
Per sua camera cercaua       et la superbia sì trouaua,
     una donna molto praua,       et ben me uolse contrastare.112
Vna ancilla uenne1 cortese,       che allora facea le spese,
     et uoluptate sì se desse,       essa l’à presa a gouernare.
Io, uedendo sì mal gioco,       dissi: questo non è poco,2
     or al foco, al foco, al foco!       et tutte tre fei consumare.116
Chi le uitia ha uenciute,       regna en ciel con le uirtute,
     ormai cresce sue salute       se lle uirtù so concordate.
Poi nel quarto ramo entrai,       en doi stati me trouai,3
     collo poco & co l’assai,       con ciascun sapea Dio amare.120
Nel quinto poi andai gioioso,       là su fui più uirtuoso,
     ché me fece lo mio sposo       obedire & comandare.
Consumai omne graueza,       uidime en sì gran richeza;
     disseme l’alta potenza:       or fa ch’en te la sacci usare.124
Fui nel sexto senza entenza       ne la profonda sapienza,
     concordai con la potenza       ne la pura uolontate.
L’om che giogne tanto suso,       con li cherubini ha puso;
     ben pò uiuere gloriuso,       ché uede Dio per ueritate.128
Quando me uidi en tanta altura,       en me tenendo onne figura,
     fomme dicto en quel’hura:       ora spendi, ché l poi fare.
Io guardai al Creatore,       assentìme d’andar sune,
     et meditai a suo honore       omne gente en suo affare.132
Poi ne l’octauo me n’andai       et con gli angeli conuersai
     nel mio sire che tanto amai,       secondo lo lor contemplare.
En alto se leuò mia mente,       al nono ramo fui presente,
     laudo lo uero Onnipotente       en sé medesmo uolsi usare.136