Pagina:Laude (Roma 1910).djvu/145

Da Wikisource.

LAVDA .LXXX. 123

L’abundanza non se pò occultare,
     loco sì se forma el iubilare,
     prorompe en canto che è sibilare,
     che uidde Helya.52
Partàmone ormai da questa uia,
     a le doi distinction che so emprìa,
     et loco sì figam la dicerìa
     che si conuene.56
Sempre lo meglio sta sopra lo bene;
     se tu non ami el proximo co tene
     et te non ami como si conuene,
     tu, cieco, el cieco meni a tralipare.60
Emprima t’è opo con Dio ordinare,
     et da lui prender regola d’amare,
     amor saggio et forte en adurare
     et mai non smaglia.64
Fame, sete & morte nol trauaglia,
     sempre lo troui forte a la battaglia,
     a patir pena & onne ria trauaglia
     et star quiito.68
Lo corpo sì ha reducto al suo seruito,
     li sensi regolati ad obedito,
     gli excessi sottoposti so a punito
     et a ragione.72
Tutta sta quieta la magione,
     gli officia distincte per ragione;
     se nulla ce nascesse questione,
     ston al iudicio.76
Lo indice che sede al malefitio
     ser conscio è uocato per offitio,
     non perdona mai per pregaritio
     né per timore.80
Non perdona al grande né al minore,
     nulla cosa occulta gli sta en core,
     tutta la corte uiue con tremore
     ad obedenza.84
Poi che l’alma uiue a conscienza,
     contien amar lo proximo en piacenza,
     amor uerace par senza fallenza
     de caritate.88
Transfórmate l’amor en ueritate
     nelle persone che son tribulate,
     et, compatendo, magior pena pate
     che l penato.92