Pagina:Laude (Roma 1910).djvu/37

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LAVDA .IX. 15

     se è bruna, embiancase       con far sua lauatura;
     mostrando sua pentura,       molt’aneme ha dannate.
Mostrerà la misera       ch’aggia gran trecce auolte;
     la sua testa adornase       co fossen trecce acolte36
     o de tomento fracedo       ó so pecciole molte,
     così le gente stolte       da lor son engannate.
Per temporal auenesse       che l’om la ueda sciolta,
     uedi che fa la demona       colla sua capouolta!40
     le trez’altrui componese       non so con que giruolta;
     farattece una colta       che paion en capo nate.
Que farà la misera       per hauer polito uolto?
     porrasece lo scortico       che l coio uechio n’à tolto;44
     remette l coio morbedo,       parrà citella molto;
     sì engannan l’omo stolto       con lor falsificate.
Poi che a la femina       èglie la figlia nata,
     co la natura formala,       pare una sturciata;48
     tanto lo naso tiraglie,       strengendo a la fiata,
     che l’à sì reparata       che porrà far brigate.
Son molte che per homene       non fon nullo aconciato;
     delectanse fra l’altre       hauer grand’apparato;52
     non ce pense, misera,       che per uan delectato
     lo cor s’è uulnerato       de molte enfermetate?
Non hai potenza, femina,       de poter preliare;
     ciò che non puoi con mano,       la lengua lasse fare;56
     non hai lengua a centura       de saperle gettare
     parole d’adolorare       che passan le corate.
Non giacerà a dormire       quella che hai ferita;
     tal te darà percossa       che no ne sirai lita;60
     d’alcun te darà nfamia       che ne sirai schernita;
     menarai poi tu uita       con molte tempestate.
Sospicarà maritota       che non sie de lui prena;
     tal glie uerrà tristitia,       che gli secarà omne uena;64
     acoglieratte en camora       ché nol senta uicena;
     qual ce trarai mena       de morte angustiata!


Consiglio de l’amico a l’altro amico che uoglia tornare a Dio.          .ix.


     O Frate mio, briga de tornare       nante ch’en morte si pigliato.
Nante che uenga la morte,       sì briga de far lo pacto;
     cha l tuo ioco è ’n quella sorte       ch’è apresso a udir matto;
     nante che sia l ioco facto,       briga lassarlo entaulato.4