Pagina:Le Novelle Indiane Di Visnusarma, UTET, 1896.djvu/197

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libro quarto 189

L’asino allora, persuaso da quelle parole, si mise in via collo sciacallo. Ora, giustamente si suol dire:


In forza del fato,
Ancor se lo sa,
Ciò che gli è vietato,
L’uom sempre farà.


Un’opra vietata,
Se il fato non sia,
Dal mondo approvata
Deh! come saria?


Intanto, ingannato dalle tante e tante parole di quel birbaccione, il somaro se ne ritornò nel cospetto del leone. Così Lambacarna fu ammazzato dal leone che già s’era preparato a spiccare il salto; indi, avendolo atterrato, fattone custode lo sciacallo, esso leone si mosse per bagnarsi nel fiume. Ma lo sciacallo, per cupidigia e avidità, si divorò il cuore e le orecchie dell’asino. Quando poi il leone ritornò dopo che s’era bagnato e aveva fatto adorazione agli Dei e soddisfatto con le cerimonie di rito la schiera delle anime dei Padri, ecco che l’asino era là privo degli orecchi e del cuore. Al vederlo, egli, vinto dall’ira, così gridò allo sciacallo: 0 scellerato, come hai tu fatto questa sconcezza, onde non è qui che un rimasuglio dopo che tu ne hai divorato il cuore e gli orecchi? — Lo sciacallo con gran rispetto gli rispose: 0 signore, non dir cosi, perché quest’asino non aveva né orecchi né cuore. Perciò appunto, essendo venuto qui, fuggito per timore quando t’ebbe veduto, tuttavia ritornò ancora. — Il leone allora, dando fede a quelle parole, spartì l’asino con lo sciacallo e senza sospetto alcuno se lo mangiò. Perciò io dico:


Prima venne e poi fuggì
Poscia che l’alto valor
Del leone egli scoprì.


Non ha orecchi, non ha cor,
Lo stordito che fuggì
E potè tornare ancor.


Tu, o sciocco, hai ordito un inganno, ma, come Yudistira quando disse il vero, tu stesso l’hai distrutto. Intanto, egregiamente si suol dire:


Il traditor che suo intento scordando
Si fa stolidamente a dire il vero,

Da quell’intento suo lungi va errando
Come già Yudistira veritiero. —


Il delfino disse: Come ciò? — E il scimio incominciò a raccontare:

Racconto. — Una volta, in un certo paese, abitava un pentolaio di nome Yudistira. Costui un giorno, essendo ubriaco, nel correre con gran furia stramazzò sopra certi cocci acuti di pentole e di bicchieri mezzi rotti, onde, spaccatasi la fronte alla punta di un coccio, con la persona tutta insanguinata, a gran stento si rilevò dal suolo e tornò a casa. Ma la sua ferita, peggiorata per non esser stata curata a dovere, a gran fatica poté essere guarita. Quando poi quel paese fu afflitto dalla carestia, il pentolaio, crucciato per la penuria, con alcuni soldati passò in altro paese e là si pose a’ servizi di un re. Il re, vedendo queirorribile cicatrice sulla fronte di lui, pensò: Costui è certamente un valoroso. Perciò appunto egli ha una ferita sulla fronte. — Così il re riguardava lui con particolar favore in mezzo agli altri capitani, facendogli onore e doni e altro. Gli altri capitani, vedendo quel soverchio favore, benché ne avessero invidia grande, tuttavia,