Pagina:Le Novelle Indiane Di Visnusarma, UTET, 1896.djvu/235

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libro quinto 227

Come si furono consigliati in questa maniera, il cieco andò e toccò il tamburo, dicendo: Io sposerò la fanciulla se il re me la darà. — Le regie guardie allora andarono dal re e gli dissero: O signore, un cieco ha toccato il tamburo. Nostro signore comandi. — Il re disse: Oh!


Sia cieco, sia sordo,
Ignobile o abietto,
Si prenda la figlia


Dell’or col sacchetto,
E vada lontano
In paese estrano. —


Come il re ebbe fatto questo decreto, le guardie regie, dopo aver menato il cieco sulla sponda di un fiume, postagli in mano la somma dei denari d’oro, gli diedero la fanciulla dalle tre mammelle. Fecero salir tutti sopra una nave e dissero ai rematori: Come voi li avrete menati in paese straniero, là voi rilascierete liberi la sposa, suo marito e il gobbo. — Così fu fatto. Venuti a un certo luogo in quel paese straniero, i tre, per denaro, si comprarono una casa e là passarono felicemente il tempo; soltanto il cieco sfavasi sempre disteso sul suo lettuccio, intanto che il gobbo attendeva alle faccende di casa. Coll’andar del tempo la donna dalle tre mammelle s’innamorò del gobbo. Ora, giustamente si suol dire:


Quando la fiamma
Fredda sarà,
Quando la luna
Caldo farà


E quando il mare
Dolce parrà,
Onor di donne
Si mostrerà.


Però un giorno essa gli disse: Mio caro, se cotesto cieco in qualche modo potrà essere ammazzato, noi due passeremo felicemente il nostro tempo. Cerchisi perciò qualche veleno, per il quale, quando avremo ucciso il cieco col darglielo, io possa esser contenta. — Un giorno, il gobbo, mentre andava attorno qua e là, trovò un nero serpente morto. Lo raccolse e tornando tutto contento a casa disse alla donna: 0 cara, io ho trovato questo nero serpente. Tu lo farai in pezzi, e come l’avrai condito con molto zenzero e con altro, dàllo a mangiare al cieco dicendogli ch’essa è carne di pesce ed egli muoia subito. La carne di pesce gli è sempre stata gradita. — Come ebbe detto ciò, il gobbo Mantaraca uscì di casa, e la donna, acceso il fuoco, fatto a pezzi il nero serpente, lo cacciò in una padella ov’era del burro, e posta la padella su di un treppiede, mostrando d’esser tutta occupata nelle faccende di casa, s’accostò al cieco e gli disse: O nobil uomo, poiché sempre ne vai chiedendo, io oggi t’ho, procacciato della carne di pesce che tanto ti piace. Intanto i pesci stanno già a cuocere al fuoco. Ora tu, mentre io attendo alle faccende di casa, prenditi il mestolo e rimestali nella padella. — MI cieco, come ebbe inteso questo discorso, si leccò le basette e levandosi in gran fretta si prese il mestolo e incominciò a rimestare i pesci. Ma intanto ch’egli così rimestava, ecco che la pellicola violetta de’ suoi occhi, toccata da una bollicina di veleno, adagio adagio incominciò a diradarsi. Allora, pensandosi che quelle bollicine avessero virtù molteplici, del tutto ne volle ricevere con gli occhi.