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Pagina:Le Novelle Indiane Di Visnusarma, UTET, 1896.djvu/39

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libro primo 31

E poi:


Consumato hanno il cervello
Alla donna innamorata
Le carezze del suo bello
E nell’ossa l’ha infiammata
Il desìo del maschil sesso;
Son per lei punture e spine


Del marito le moine.
Niun conforto1 da costei,
E il marito, in verità,
Qual piacer ne coglierà?


E poi:


L’impudica che d’altri s’innamora.
Sempre a veder s’acconcia

La sua famiglia andarsene in malora;


Al biasimo s’acconcia della gente,
Al carcere s’acconcia
E della vita al periglio imminente.


La moglie, adunque, del tessitore, tornata a casa, come ebbe tratto fuori per Devasarma un letticciuolo senza coperta e sgangherato, disse: O reverendo, finchè io, come sia stata un poco con una mia amica venuta da un altro villaggio, non torni il più presto che possa, si resti da te in questa nostra casa a far buona guardia. — Così avendo detto, postasi certi ornamenti leggiadri, nel momento che usciva per andar dal suo Devasarma, le capitò dinanzi il marito suo tutto tremante per l’ubriachezza, coi capelli sciolti, barcollante a ogni tratto, avente in mano un fiasco di rosolio; perchè essa, vedutolo, fuggendo indietro rapidamente e rientrando in casa, deposti gli ornamenti, venne innanzi quale era prima. Il tessitore che l’aveva vedata fuggire fattasi quella meravigliosa attillatura, e che già aveva turbato il cuore per aver udito le sue perfidie da una tale che gliele aveva susurrate all’orecchio, se n’era pur stato fino allora a celar la sua intenzione. Ma allora, avendo veduto quel cotal atto di lei, fatto certo da ciò che aveva visto, mosso dalla forza dello sdegno, entrando in casa le gridò: O malvagia meretrice, dove andavi tu? — Quella rispose: Io, poichè son venuta via da te, non sono uscita in alcun luogo. Perchè dunque, per tanti rosolii bevuti, vai dicendo tante sciocchezze? — Intanto, egregiamente è stato detto:


I segni tutti di morboso stato
Dalle bevande inebrianti e forti

Fatti son manifesti. Ecco! è spossato
Chi n’usa, e al suol stramazza
E borbotta confuso e stranïato.


Anche il sol di cotesto ha esperienza
Quando son tremebondi i raggi suoi
Ed ei gitta le vesti
E perde suo vigore
E si tinge d’insolito rossore2.


Ma colui, udendo quella contraddizione e avendo veduto quel mutar di vesti, le disse: O meretrice! da lungo tempo son state udite da me le tue

  1. Cioè per il marito.
  2. Qui è un giuoco di parole intraducibile. Vâruni-samgagiâvasthâ significa lo stato di chi troppo s’accosta ai liquori inebrianti, se si prende vâruni nel senso di bevanda; e significa lo stato del sole venuto al tramonto, se si prende vâruni nel senso di Occidente. Allora, il sole somiglia ad un ubriaco, perchè le mani gli tremano (kara significa nello stesso tempo mano e raggio), getta via le vesti (abbandona il padiglione del cielo), perde forza e diventa rosso, che son tutti i segni dell’ubriachezza.