Pagina:Le Novelle Indiane Di Visnusarma, UTET, 1896.djvu/4

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iv notizia sulle novelle di visnusarma

cinque libri, dei quali veramente resta costituito il libro, trattano rispettivamente i seguenti cinque punti di morale pratica: del modo di rompere l’amicizia; del modo di contrarre amicizia; della inimicizia; della perdita di ciò che è stato acquistato; delle cose fatte inconsideratamente. In generale, una novella o una favola occupa rispettivamente ciascun libro, intesa appunto a dichiarare uno dei detti punti di morale, ma, lungo la narrazione, è data occasione frequente d’interromperla per illustrare con racconti e novelle e apologhi secondari qualche sentenza o qualche proverbio che è caduto in acconcio di riferire; onde avviene che i racconti, in tutto, sono intorno a settantacinque, narrati con maggiore o minore ampiezza secondo la loro importanza, onde la lettura così variata ne riesce oltremodo piacevole e gradita.

Tanto più poi riesce piacevole e gradita quanto più vi si vede rappresentata, tale quale essa è, la commedia umana, per dirla con frase recente. Perchè vi si dipingono al vivo i rei costumi delle femmine, corrotte e guaste quando non anche sono andate a marito, scellerate e perfide quando sono maritate; le arti ree e subdole dei consiglieri e dei ministri reali; i costumi rilassati dei principi neghittosi e indolenti; le ipocrisie dei Bramini ghiottoni e sordidi, e, con ciò, furberie di ladri, arti procaci di sgualdrine, sfrontatezze di giovani discoli, mariuolerie di mercanti, falsa religione di penitenti, goffaggini di dottori in discipline sacre. Ora, è ben facile vedere quanto profonda sia la differenza tra questo libro singolare e curioso e i due maggiori poemi dell’India, il Ramayana e il Mahabharata. In quelli, tutta la vita di quaggiù è soavemente dipinta come una vita ideale, mentre in queste novelle di Visnusarma essa è apertamente ritratta nella sua nuda verità. Là si narra di Bramini casti e saggi, di re longanimi, buoni, magnanimi e generosi, di eroi prodi fra le armi e campioni imperterriti del bene, di figli savi e obbedienti, di vergini e di spose caste e pudiche; qui tutto l’opposto di ciò, e la rappresentazione n’è fatta sovente con cinismo e sfrontatezza spavalda, pur con l’intendimento di ammaestrare.

La narrazione si fa in prosa; essa è tuttavia interrotta sovente da molti passi poetici di natura gnomica e sentenziosa che vengono come a dichiarar bellamente e ad illustrare ciò che si racconta o si descrive o si espone. In generale, sono proverbi e sentenze e detti arguti tratti dalla sapienza popolare, sempre molto acuta; ma molte volte, anche, sono passi tolti alle raccolte dei poeti gnomici, al Codice di Manu, qualche volta anche ai poemi, ai poeti erotici, ovvero alle antiche tradizioni eroiche e mitologiche. Quei versi vengono acconciamente ad interrompere la monotonia della prosa, e, con ciò, quello che nella prosa è detto oscuramente qualche volta, riceve luce improvvisa e inattesa da questi versi che fanno conoscere come il senso intimo o il significato recondito di ciò che si narra