Pagina:Le Novelle Indiane Di Visnusarma, UTET, 1896.djvu/41

Da Wikisource.

libro primo 33

duto il sonno per la perdita del tesoro, con lo stomaco afflitto dalla fame, aveva veduto tutta cotesta faccenda delle donne. Ma la donna del tessitore, quando, fin che n’ebbe voglia, col suo Devadatta si ebbe goduto le dolcezze del piacere, a un certo momento ritornatasene a casa, così disse alla moglie del barbiere: Ohè! stai tu bene? e questo scellerato è stato su dopo che io era uscita? — La moglie del barbiere disse: Io sto bene per tutto il corpo fuorchè nel naso. Però tu scioglimi subito da questi legami perchè costui non mi vegga e io me ne torni così a casa mia. — Come ciò seguì, il tessitore, levatosi su di nuovo, disse alla donna: O meretrice, perchè non parli oggi? Forse che t’ho da dare altro più grave castigo col tagliarti gli orecchi? — E quella allora, con ira e con disprezzo, rispose: Via, via, ubbriacone! E chi mai può trattarmi male o mutilarmi, molto saggia come sono e fedele al marito? Questo ascoltino tutti gli Dei custodi del mondo, poichè è stato detto:


Il sol, la luna, il fuoco, il cielo, il vento,
L’acqua, la terra, il cor, Yama1 coi due

Crepuscoli, col giorno e con la notte,


Con la Giustizia ancor, sanno dell’uomo
La condotta che sia nell’opre sue.


Perciò, se v’è alcuna saviezza in me, gli Dei mi rendano il naso mio intatto; ma se, anche col solo pensiero, fu da me desiderato un altr’uomo, mi riducano essi in cenere. — Come ebbe detto ciò, ripigliò verso il marito: O scellerato, vedi ora che per la savia natura mia il naso m’è così appunto ritornato come prima! — Quegli allora, prendendo un tizzone acceso, intanto che guardava, ecco che il naso era così appunto e che al suolo era un gran lago di sangue. Perchè egli, stupito nell’animo, sciogliendola e liberandola dai lacci, fattala umiliar sul letto, con molte carezze la consolò; e Devasarma, avendo osservato tutta quella faccenda, con mente stupita, così diceva:


Quel saper che Usanas2 ha
E Vrihàspati3 pur sa,
Delle donne non potria
Superar la furberia.
Come dunque in sicurtà
Custodirle alcun potrà?


Queste che il vero
Proclaman falso,
E il falso vero,
Come potranno
Esser guardate
Da genti che hanno
Menti assennate?


E fu detto anche in altra maniera:


Non troppo amore
Ponete in femmine,

Poter di donne
Non fate crescere!
Co’ lor mariti


Che troppo le amano.
Qual con cornacchie
Che han tronche l’ali,
Si baloccan le tali e le cotali.

E favellan con bocca ridente

  1. Il dio dei morti.
  2. Antico saggio, maestro dei demoni e reggente del pianeta Venere.
  3. Vedi sopra.
Pizzi, Novelle Indiane di Visnusarma. — 3.