Pagina:Le Novelle Indiane Di Visnusarma, UTET, 1896.djvu/57

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libro primo 49

Indra concede una fortezza. A mille
Perciò contansi in terra i luoghi forti.

Da tutti si può vincere quel re


Che privo di fortezze si restò,
Sì come il serpe che i denti perdè,
O l’elefante a cui l’umor stagnò1. —


Avendo udito ciò, Basuraca disse: Cara mia, anche se sta in una fortezza, mostrami quel furfante perchè io lo spacci. Perchè è stato detto:


Quei che un nemico o qualche malattia
Cessar non fa come si mostri appena,

D’uno o dell’altro al crescere ne resta
Oppresso, ancor che vigoroso ei sia.

Ma chi conosce
Il suo valore


E generoso
Monta in furore,
Tutti i nemici
Da solo uccide
Come già i Csatri
Il Briguide2. —


La lepre disse: Così è, ma quel potente è stato veduto da me, nè si conviene andare al mio signore quando non ne conosca ancora le forze. Perchè è stato detto:


Chi pur non conoscendo il suo valore
Nè quei del suo nemico, innanzi va

Avido e ardito, corre a morte come
Farfalla che nel fuoco perirà.

Chi, benchè forte,
Corre a combattere
Col suo nemico


Di lui più forte,
Tornasi a dietro
Tutto scornato
Come elefante
Che di suo zanne
È defraudato. —


Basuraca disse: Oimè! a che questo tuo affaccendarti? Mostrami colui anche s’egli sta nella sua fortezza. — La lepre disse: Se così è, allora il re mi segua. Così dicendo gli entrò innanzi. Come giunse a una cisterna, disse a Basuraca: Chi mai, o signore, può resistere alla tua maestà? Ecco che quel furfante, come t’ebbe veduto da lontano, è entrato nella sua fortezza. Vieni adunque, perchè io te lo mostri. — Avendo udito ciò, Basuraca disse: Mostrami subito subito, o amico, quella fortezza. — La lepre allora gli mostrò la cisterna, e quello sciocco di leone, quando vide in fondo alla cisterna e nel mezzo dell’acqua la propria immagine, mandò un ruggito e quel ruggito, per l’eco, ritornò raddoppiato dal fondo. Perchè egli, udendo quel suono e pensando: Costui è più forte! — , avventandoglisi sopra, si uccise. La lepre allora, con animo lieto venendo a rallegrar tutti gli animali, lodata da loro abitò conforme al piacer suo in quella selva. Perciò io dico:


Ha possanza chi ha del senno.
Dello stolto ov’è il poter?


Nella selva un leon fero
Una lepre fe’ cader.


Se, pertanto, così vuoi, io, andando là, col valor dell’ingegno mio separerò i due amici. — Carataca disse: Amico, se è così, sia felice il tuo

  1. L’umore che cola dalle gote degli elefanti quando sono in amore.
  2. Rama, figlio di Giamadagni, discendente da Brigu, sterminatore della casta dei Csatri o re guerrieri.
Pizzi, Novelle Indiane di Visnusarma. — 4.