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Pagina:Le Novelle Indiane Di Visnusarma, UTET, 1896.djvu/87

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libro primo 79

E poi:


Se soggiace a un più potente,
Gloria il debol si procaccia,
Come l’ape, cui, amante


Dell’umor1, d’un colpo schiaccia
Dell’orecchio un elefante. —


Così avendo divisato, egli adagio adagio, andando a balzelloni, venuto presso la dimora del leone, intanto che guardava, andava mormorando fra sè: Oh! anche questo è stato detto a proposito:


Quale una casa che abitan serpenti,
Quale una selva ch’è di fiere ingombra,

Qual stagno ombrato di loti fiorenti,
Tutto infestato dagli alligatori,


Entrano con terror timide genti,
Sì come il mar, la casa de’ signori
Che piena è tutta d’uomini codardi,
Di vili d’ogni risma e bugiardi. —


Mentre così andava mormorando, avendo veduto Pingalaca in quell’aspetto che Damanaca gli aveva detto, egli, insospettito, raggruppatosi del corpo, senza inchinarglisi, si pose giù in un luogo alquanto discosto. Pingalaca allora, come vide ciò, credendo alle parole di Damanaca, con ira gli saltò addosso. Ma Sangivaca, lacerato alla schiena dalle dure unghie di Pingalaca, come l’ebbe ferito al ventre con le corna, potè discostarsene alcun poco; e poi, desideroso di ferirlo con le corna, si avanzò per far battaglia. Vedendo allora quei due che, desiderosi di ammazzarsi l’un l’altro, parevano, per il molto sangue, due alberi fioriti di palasa2, Carataca, con accento di rimprovero, così disse a Damanca: O stolto, poichè tu hai gettato la discordia fra questi due, tu non hai fatto bene! Tutta questa selva ora per te se n’andrà in iscompiglio. Però tu non sai la regola vera del costume, perchè da quelli che la sanno, così appunto è stato detto:


Quei che le regole
Sapendo curano

Cose difficili
Che aspri, gravissimi
Castighi adducono,
Nè senza incomodo
Curar si possono,
Ma sì v’attendono
Con fare affabile,
Amico e docile,
Quei son ministri che han da stare in corte.


Ma quei che agognano
Cose illegittime

Che poco fruttano
E nulla valgono,
Con sforzi ed impeti
Che pena mertano,
Essi, adoprandosi
In riprovevole
Guisa, d’un principe
In gran periglio adducono la sorte.


Intanto, se nostro signore sarà ucciso, che si fa di questa tua sapienza da ministro? Se poi Sangivaca non resta ucciso, anche questo è un male, perchè, oltre il periodo della vita di nostro signore, c’è la rovina di tutti noi3. A che dunque, o sciocco, desideri tu l’ufficio di ministro? Tu non

  1. L’umore che cola dalle tempie degli elefanti in amore.
  2. Nome di un albero indiano.
  3. Se pure va inteso così questo passo alquanto oscuro.