Pagina:Le Rime di Cino da Pistoia.djvu/127

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RIME



XCVII


     Occhi miei, deh fuggite ogni persona,
E col pianto emendate il gran fallire
Ch’avete fatto sì che di morire
Sete più degni che di cosa alcuna:
     S’Amor per cortesìa non mi perdona,5
Consigliovi anzi piangendo finire
Che voi vogliate lo mio cor tradire:
Di ciò sovente l’Amor v’accagiona.
     Deh!, come mai comparirete avanti
A quella donna, da cui voi faceste,10
Per dipartir, sì dolorosi pianti?
     Diravvi — Poi che voi non mi vedeste,
Occhi vani, voi foste sì costanti
Che 1 cor ch’io haggio sottrar mi voleste. —




XCVIII


     Deh! quando rivedrò ’l dolce paese
Di Toscana gentile
Dove ’l bel fior si vede d’ogni mese,
E partirommi del regno servile,
Che anticamente prese5
Per ragion nome d’animal sì vile;
Ove a buon grado nullo ben si face,
Ove ogni senso e bugiardo e fallace
Senza riguardo di virtù si trova;
Però ch’è cosa nova10
Straniera e peregrina
Di così fatta gente Balduina.
     O sommo vate, quanto mal facesti
A venir qui: non t’era me’ morire
A Piettola colà dove nascesti?15
Quando la mosca per l’altre fuggire
In tal loco ponesti,
Ove ogni vespa doverrìa venire
A punger quei che su ne’ boschi stanno.


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