Pagina:Le Rime di Cino da Pistoia.djvu/270

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FAZIO DEGLI UBERTI

Chi è chiamato capo fia percosso.
175Ora si guardi il dosso
La terra del Savio:1
Or si parrà se il savio
Sa fuggir il giudizio.
Chi non fuggirà il vizio
180Non fuggirà la spada;
Che molto poco aggrada
A quelli da Polenta.
In ciascun par che spenta
Sia in lui ogni ragione:
185Vuol saltar Rubicone,
E di te far fastello.
Aspetta il martello
Ed il coltello — con quel da Verrucchio,
E con chi succhio
190Per vïolenza trà’ dell’altrui bene.
In te daran le rene
E desinari e cene — del mal frate,
E l’opre dispietate
Di Tibaldello e di Ravenna.
195Io pur meno la penna,
E giustizia mi assenna
Del fatto di montagna e quel di Fano.
Tutto ’l tuo monte e ’l piano
I’ veggo pien di ragne
200E di fosse terragne.
Vegga giustizia l’opere tue ladre:
Chente saranno le dolenti madri!
     Vo’ ritornar a’ padri — de’ miei falli,
L’aguglie e’ gigli gialli,
205Per cui i vaghi galli
Che son due fanno sciarra.
Vòmmi far dalla lepre che si sfarra
E gitta via la sbarra — alla pantera.
O volpe2 iniqua e fera,

  1. La terra del Savio: ciò è Cesena, dal fiume Savio che gli corre da lato.
  2. Lepre e Volpe: ciò è la città di Pisa.

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