Pagina:Le Rime di Cino da Pistoia.djvu/357

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RIME

     Quando radi, però non esser lento;
E per non intaccar, la man provvedi,
11Come facesti a me di sotto il mento.
     Deh come tu se’ sciocco, se tu credi
Che a radermi da te più sia contento,
14Se avessi ben la barba in fino a’ piedi.
                         E, ver come tu vedi,
Che ’n fino a qui guadagno alcun t’ho dato,
17Sonne pentuto; ond’io non ho peccato.


(Questo e l’antecedente son tratti dalle Poesie di A. Pucci; Firenze, Cambiagi, 1772.)



VIII


Dà un esemplo che, essendo in casa d’altri, s’ubbidisca sempre il signore di casa.

     Un gentiluom di Roma una fïata
Si mosse per andar alla ventura.
Su una gran pianura
Trovò un ricco e nobile castello;
5Ma era sera, e fame gli è abbondata.
E come giunse a’ fossi delle mura,
Ei così alla sicura
Dentro alle porte entrò, quel baron bello.
E cavalcando si scontrò un donzello;
10E con gran reverenza il salutava,
E poi il dimandava
D’un buon albergo: ed egli rispondea
Che in quel castello albergo non avea.
     — La cagion è che questo gran signore
15Che signoreggia il castello e ’l paese
(Egli è tanto cortese!)
Chiunque ci arriva vuole a sua magione,
E fa a tutti quanti un grande onore.
Questo ch’io dico è chiaro e ver palese.
20A tutti fa le spese,


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