Pagina:Le Rime di Cino da Pistoia.djvu/46

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GIOSUE CARDUCCI

impossibile, dedusse dalle fonti classiche l’elegia e l’idillio nelle rime toscane. Che se poi cotesta infusione fu meglio contemperata nella corte medicea, se nelle altre corti del cinquecento l’epopea romanzesca toccò l’ultime cime; ciò non dee togliere al Boccaccio il pregio dell’invenzione e del primato nell’una cosa e nell’altra. Con questi riguardi s’hanno a leggere le rime del Boccaccio. Nelle quali; se imita qualche volta il Petrarca e sempre gli cede, e talora non a lui solo; beatissima è pur sempre la vena della favella e dell’eleganza.


IX



Eccoci al terzo stadio della poesia ed alla imitazione. Questa bella brigata di petrarchisti del secolo XIV, puliti e corretti a preferenza d’ogni altro de’ loro coetanei, tuttavia non aggiungono nulla nè alla storia dell’arte nè a quella del pensiero. Tale è il destino di tutti gl’imitatori d’una poesia individuale.

Di Marchionne Torrigiani, probabilmente fiorentino, e di Federigo di messer Geri del Bello d’Arezzo, non altro hanno a dirci i vecchi storici della poesia se non ch’e’ mostrano essere coetanei e seguaci non indegni del Petrarca. Tanto ciò è vero, che i due loro sonetti da da noi riprodotti sono in due codici Soranzo del museo Correr di Venezia attribuiti a M. Francesco.1

Non è da questo luogo la vita di Coluccio Salutati (1330-1406), amico del Boccaccio e del Petrarca, raccoglitore e correttore di classici, scrittore il meglio latino del secolo XIV, segretario pontificio e della repubblica fiorentina; a nome della quale dettava le lettere che più

  1. A. Sagredo: Sonetti inediti di Fr. Petrarca, per nozze. (Venezia, Gaspari, 1852.)

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