Pagina:Le antiche rime volgari I.djvu/25

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     Ch’è ’n tanta pena miso,
     Che vede che si more1
     Per ben amare, e’ tenolosi in vita!2
     Dunque morire’ eo?3
     Non, ma lo core meo
     More spesso e più forte,
     Che non faria di morte — naturale.
     Per voi, donna, cui ama,
     Più che se stesso brama:
     E voi pur lo sdengnate;
     16Amor, vostra’mistate4 — vide male.
Lo meo ’namoramento
     Nom pò parire in detto:5
     Così, com’io lo sento,
     Core noi penzeraì, nè dirla lingua;
     Zò ch’eo dico, è neente
     Inver ch’io son distretto.6
     Tanto coralemente
     Foc’aio [che] no’ credo che mai stingua:7


6 ch en — 9 Adunque — 11 fortte 12 mortte — 13 chui — 15 sdengane — 22 ne sono.

  1. 6 La Giunt.: In tante pene è miso Che vive quando more. Val.: Che ’n tanta pena ha miso Che vive quando more.
  2. 8 La Giunt.: e teneselo aita
  3. 9 La Giunt.:Hor dunqua moro eo? Il Val. e il Nann.: Dunque morira’ ei?
  4. 16 La Giunt.: Dunqua vostra amistate.
  5. 17-18 La Giunt. e il Nann.: Del mio ’namoramento Alcuna cosa ho detto. Il Val., come il nostro Cod., salvo la mutazione di parire in parere.
  6. 22 La Giunt.: eo son costretto.
  7. 24 La Giunt. seguita dal Nann.: Fuoco aggio che non credo mai s’estingua.