Pagina:Le antichita Romane (Piranesi)-1.pdf/48

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parimente notato col num. 82 il qual tempio investiva il Palatino, come si raccoglie dalle parole: quod est in Palatium, cioè erga Palatium, appartenenti alla seguente iscrizione ritrovata nel Colombajo di Livia, e da me rapportata fra le altre nella Tav. XXVII del Tomo II. Dis Manibus Aug. Lib. Bathyllus Aedituus Templi Divi Aug. et Divae Augustae, quod est IN PALATIUM immunis et honoratus.

Essendo stato il Palatino ingombrato dalle riferite tre fabbriche Imperiali di Augusto di Tiberio e di Cajo, ed essendo tutto il rimanente del Colle occupato da edifizj popolari, e da templi, accadde sotto di Nerone il famoso incendio, il quale, come racconta Tacito nel XV degli Annali, initium in ea parte Circi ortum, quae Palatino Coslioque montibus contigua est (cioè dal luogo notato nella Icnografia del Foro colla lett. t). Ubi per tabernas, quibus id mercimonium inerat quo flamma alitur, simul coeptus ignis et statim validus, ac vento citus longitudinem Circi corripuit (cosicché giunse sino al luogo notato nella Icnografia colla lett. u). Neque enirn domus munimentis septae, vel tempia muris cincta, aut quid aliud morae interjacebat. Impetu pervagatum in­cendimi , plana primum (cioè il piano del Circo Mas­simo) deinde in edita assurgens (cioè al Palatino dalla parte del Circo) et rursus inferiora populando, anteiit remedia velocitate mali, etc. Eo in tempore, Nero, Antii agens, non ante in Urbem regressus est, quam domui ejus, qua Palatium et Maecenatis horlos (da me riferiti al precedente num. 236 di quest’ Indice) continuaverat, ignis propinquaret. Neque enim sisti potuit, quia et Pa­lataum et domus (cioè la casa transitoria accennata allo stesso num. 236) et cuncta circum haurirentur. Sed solatium populo exturbato et profugo (una gran parte del qual popolo era quella che abitava nel Palatino ne’ luoghi che non erano stati ingombrati dalle preaccennate tre fabbriche, di Augusto, di Tiberio, e di Cajo) Cumpum Martis, ac monumenta Agrippae, hortos quia eliam suos patefecit. Dal che necessariamente si argo­menta, che sondo arso il Palatino, ed avendo Nerone conceduto al Popolo il Campo Marzio, e i suoi orli, fab­bricasse poi la sua Casa sullo stesso Monte in quella estensione abitata prima dal Popolo, e notata nella Icnografia del Poro Romano alle lett. x,y, z, bb, cc, ff, gg, corrispondenti nella Topografia generale ai num. 296, 997, 998, 301, 302 e 307, ristorando dall’ incendio le tre Case suddette. Cosicché il Palatino ri­mase per la maggior parte ingombrato dalle fabbriche Imperiali, le quali portarono il nome di un sol Palazzo. Si sa inoltre dagli antichi Scrittori, che queste fabbriche furono ampliate, ridiate in diversi usi, e ristorate da altri incendj da’ successivi Cesari; ma queste ampliazioni e ristauri non furono tali che togliessero alle medesime le primiere denominazioni.

Dimostrata pertanto in generale l’appartenenza degli avanzi delle fabbriche del Palatino, riassumeremo le de­nominazioni di essi in particolare, e indicheremo i luoghi precisi, ove rimangono presentemente, ponendo in ordinanza i predetti respettivi numeri.

289 e 290. Avanzi di alcune delle Celle della Casa Augustiana; parte de’ quali rimangono dentro la fabbrica della Polveriera superiormente all’Arco di Tito, e parte formano i di lei muri esteriori.

291. Altri avanzi, negli orti Farnesiani, delle dette Celle, corrispettivi ai predetti del muro esterno della Polveriera, i quali insieme circondavano l’area anteriore alla Casa Angustana, come meglio si discerne nella detta icnografia del Foro alle lett. d, e.

292. Avanzi degli anditi, delle officine, e de’ ristauri della Casa di Cajo Caligola, consistenti in una porzione di tre piani i quali si estendono per lungo tratto sotto il rialzamento del Palatino, come meglio si vede nella stessa Icnografia alle lett. m, n, o. Parte di essi rimane sull’ angolo dello stesso Monte, corrispondente alla Chiesa di S. Maria Liberatrice, e parte ne’ predetti orti Farnesiani.

293. Avanzi della Casa Tiberiana consistenti in grosse e lacere pareti confuse dalle rovine delle fornici ch’ esse sostenevano. Questi rimangono negli orti deretani a S. Anastasia, e ne’ predetti Farnesiani, e meglio si ravvi­sano nella Icnografìa del Foro alla lett. K. L’anno 1720 nel farvi uno scavo vicino a S. Teodoro, furono ritro­vati de’ gran pilastri di travertini, de’ pezzi di colonne, gli stipiti d’una parte di marmo, quantità di metalli, come anco le stanze attenenti alla fonderìa Palatina. Ma non fu proseguito lo scavo per timore