Pagina:Le aquile della steppa.djvu/100

Da Wikisource.
94 Capitolo undicesimo.

— Sì, padrone.

— E veglia su Hossein e bada ad Abei.

— Te lo prometto.

— Va’! —


CAPITOLO XI.


Il campo degli Illiati.


Cominciava ad albeggiare sulla steppa. Gli uccelli s’alzavano fra le erbe e volteggiavano allegramente, trillando, sfuggendo velocissimi agli assalti fulminei dei falchi e degli sparvieri che piombavano, ad ali chiuse, dalle alte regioni dell’aria.

Cinquanta uomini, armati di lunghissimi fucili, di pistole e di kangiarri, con immensi turbanti e lunghe zimarre di color bruno e montati su piccoli cavalli villosi, si erano fermati dinanzi alla porta della casa occupata dal beg, allineandosi su quattro file.

Erano tutti uomini di statura piuttosto bassa, tarchiati, con spalle larghissime e lunghe barbe ispide e rossicce, i nasi arcuati come becchi di pappagalli, la pelle terrea e gli occhi da uccelli dai preda.

Molti erano Sarti, sudditti di Talmà; i più però appartenevano alle tribù nomadi dei Shagrissiabs, pastori e banditi ad un tempo, venuti dal Khanato di Bukara, attirati dal desiderio di divertirsi alle spalle dei ricchi sposi e di mostrare la loro bravura nelle corse dei cavalli, essendo i migliori cavalieri della steppa turanica.

Gente di fegato ad ogni modo, pronta a qualsiasi sbaraglio per un po’ di tomani, una moneta troppo preziosa in quelle pianure, dove l’oro è così raro.

Il beg, Hossein, Abei e Tabriz, svegliati dal fracasso prodotto dai cavalli, erano prontamente discesi sulla via, passando rapidamente in rassegna la truppa.

Credo, Hossein, — disse il beg, — che con questi uomini potrai giungere senza troppi fastidi a Kitab, anche se è vero che i Russi marcino attraverso la steppa. Cerca di evitarli però e di non lasciarti cogliere entro le mura della città a menochè...

— Continua, padre.

Beg Djura bey non ti restituisca o ti faccia restituire Talmà.