Pagina:Le aquile della steppa.djvu/187

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Le spie d’Abei. 181

I due finti mostratori di scimmie, si erano messi dietro a tutti, senza che alcuno facesse loro attenzione.

La colonna, girata la parte occidentale di Khitab, prese definitivamente la via di ponente, rasentando le ultime pendici dei Sarset-Sultan, onde guadagnare la così detta steppa di Karnak-Tschul, che divide Khitab da Bukara.

Tabriz e Hossein, frammisti coi prigionieri del quarto gruppo, oppressi da quel colpo di fulmine che non si aspettavano, camminavano l’uno a fianco all’altro, sorvegliati attentamente da un manipolo di usbeki, che pareva avesse ricevuto l’ordine di esercitare, particolarmente su di loro, una speciale vigilanza.

Certo, il rappresentante dell’Emiro aveva dato degli ordini a parte, per quei due pericolosi, come li aveva chiamati il maggiore, e dovevano infatti essere tali coi documenti trovati indosso a Hossein.

Il gigante, che stentava a rassegnarsi, di quando in quando alzava gli occhi verso i cavalieri, guardandoli ferocemente e chiedendosi quanti pugni sarebbero stati necessarii per demolirli tutti.

— Se non ci fossero gli altri, — borbottava, — non so come la passereste con me, canaglie! Io non avrei paura ad impegnare la lotta anche se sono senz’armi. —

La colonna era entrata nella steppa, nell’eterna steppa che doveva accompagnarla fin quasi alle porte di Bukara, ma non era quella verdeggiante e rigogliosa dei Sarti, piena di erbe e di fiori come le praterie del Far-West americano.

Era una landa sconfinata, senza boschi e senza campi, impregnata fortemente di sale, con pochissime graminacee e così dure da essere appena tollerate dai cammelli e senza accampamenti, perchè quei terreni erano incapaci di nutrire le numerose mandrie degli usbeki.

Quantunque l’aria fosse tranquilla, immense cortine di polvere sfilavano all’orizzonte: quelle cortine che al tramontare del sole prendono la strana tinta d’un azzuro cupo, sì da dar l’illusione che all’orizzonte si estenda un mare sconfinato.

Sotto i piedi dei cavalli, altra polvere s’alzava, avvolgendo l’intera colonna come in una leggerissima nube di fumo, ricadendo addosso ai prigionieri, penetrando nelle loro gole, per quanto tenessero le labbra strette, e nei loro occhi.