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Il «Loutis». | 213 |
— Non deve essere lontano; i miei orecchi non s’ingannano mai e percepiscono sempre i più deboli rumori.
Un capo brigante deve avere l’udito finissimo se vuol diventare... —
Si era bruscamente interrotto, armando per precauzione una pistola che si era levata di sotto alla lunga zimarra e che il rigonfiamento della lunga e altissima fascia aveva impedito a Tabriz ed a Hossein di scorgere.
— Un futuro capo deve essere sempre prudente — disse.
Un’ombra, che l’oscurità impediva di ben definire, era comparsa sulla cima d’un’altra duna e si era fermata, probabilmente animata dallo stesso spirito di diffidenza che aveva invaso il bandito.
— Non mi sembra un animale, — borbottò finalmente Karaval.
Accostò due dita alle labbra e mandò un lievissimo fischio, appena modulato. Un segnale eguale rispose subito, poi l’uomo che stava sulla duna opposta si lasciò scivolare sulla sabbia, toccando il fondo.
Karaval l’aveva immediatamente imitato.
— Non mi sono ingannato: Dinar, — disse il bandito. — Ragazzo mio, tu diventi un bravo brigante e più rapidamente di quello che credevo.
— Ho una buona guida — rispose modestamente il giovane.
— Se continui così, tu diverrai un giorno, quando avrò sotto i miei ordini una banda di Aquile, il mio luogotenente.
— Sarò l’uomo più fortunato della terra.
— Ah!... Anche tu sei ambizioso!... Bene, benissimo, coll’ambizione si può conquistare anche il mondo.
— Vi ho seguiti senza difficoltà. Sono dunque loro?
— Per Alì, Maometto e tutti i Santi del nostro paradiso!...
— Non ho mai dubitato della tua sagacia, Karaval.
— Sarai mio luogotenente, figliuol mio. Sai nulla dei Bukari?
— Non li ho più riveduti.
— Che siano morti davvero?
— Ne ho il sospetto.
— Allora abbiamo fatto bene a darcela a gambe anche noi, quando abbiamo veduto il nipote del beg e Tabriz a scappare. È stato un grave rischio però.
— E che cosa intendi di fare ora, Karaval? —