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214 Capitolo sesto.

Karaval si accarezzò la barba per qualche istante, guardando le stelle come se aspettasse da quelle qualche ispirazione, poi disse con voce grave:

— È necessario ricondurli a Bukara. — Dalle mani dell’Emiro non usciranno vivi, di questo sono sicuro e poi noi riceveremo un altro compenso, così prenderemo due piccioni con una fava.

— Sei un genio, Karaval. E come faremo a riconsegnarli all’Emiro?

— Sull’Amur-Daria vi è un posto di usbeki e di ghirghisi, metà briganti e metà soldati dell’Emiro, incaricati di guardare la frontiera.

Io conosco il capo che li comanda perchè un tempo era anche lui un’Aquila.

— Continua.

— Hai paura di attraversare da solo la steppa della fame?... Tu sei giovane e le tue gambe sono robuste ed in sei giorni potresti giungere al posto, fors’anche in otto, perchè si trova più al nord della strada carovaniera che conduce a Bukara e abboccarti con quel capo. Con cinquanta tomani quell’uomo sarebbe capace di andare in capo al mondo e di affrontare qualunque pericolo. E poi lui avrà di certo una ricompensa dall’Emiro.

— E poi?

— Ritorni stupido, ragazzo? Mi pare che anche un bambino potrebbe ora capire ciò che poi accadrebbe. Io conduco i miei due uomini verso l’Amur-Darja, il capo è pronto, ci ferma e ci prende tutti e tre. Hai capito?

— Sì, Karaval.

— Una volta presi ci conduce a Bukara e il colpo è fatto.

— Tu diverrai un gran capo.

— Non ne dubito neppure, — rispose gravemente Karaval, lisciandosi la barba.

— Ed il signor Abei non lo informeremo di ciò?

— Ci vorrebbero quindici o venti giorni per raggiungere la steppa dei Sarti, e poi non abbiamo nessuno su cui contare e fidarci. Saprà tutto al nostro ritorno.

— Dove si trova quel capo tuo amico?

— A Georlu-Tochgoi: sai andarci?

— Vi ho pescato coi cormorani in mia gioventù. Abbondano