Pagina:Le aquile della steppa.djvu/238

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232 Capitolo ottavo.

— Nulla potrebbero toglierci. I bukari dell’Emiro mi hanno preso perfino l’ultimo tomano.

— E anche a me, signore. —

I punti luminosi intanto ingrandivano a vista d’occhio e le barche cominciavano a delinearsi abbastanza nettamente. A bordo si scorgevano parecchi pescatori, che arrancavano con gran lena per vincere la forza della corrente.

Tabriz contò sei barche, piuttosto pesanti, essendo tutte scavate nel tronco d’un albero, montate ognuna da cinque pescatori, quattro ai remi ed il quinto al timone.

Dinanzi ad ognuna, all’estremità d’un lungo bastone che reggeva una specie di borsa, formata di filo di rame, ardevano pezzi di legno, cosparsi di nafta o di petrolio, onde proiettassero maggior luce.

Sui bordi, Tabriz e Hossein scorsero, non senza un certo stupore, degli uccelli dalle gambe piuttosto lunghe, che si tenevano l’uno accanto all’altro e che sembravano liberi.

— Sono pescatori o cacciatori? — si chiese Tabriz. — Che cosa fanno quei volatili? —

In quel momento una voce a loro ben nota s’alzò sulla prora della prima scialuppa, gridando:

— Eccomi, signori!... Giungo in buon punto.

— Il loutis! — esclamarono Tabriz e Hossein.

La scialuppa, con pochi colpi di remo, giunse presso il fuoco che ardeva sulla riva, ed il bandito balzò a terra, dicendo:

— Noi siamo ospiti di questi pescatori e non avrete nulla da temere da parte loro. Sono brava gente.

— Acconsentono a farci attraversare il fiume? — chiese Hossein.

— Sì, signore, non prima di domani mattina però, essendo ora occupati alla pesca della garitsa. E poi per trovare un approdo, noi siamo costretti a discendere il fiume per parecchie miglia, essendo qui la riva opposta tagliata a picco per un lunghissimo tratto e troppo pericolosa.

— Ce n’eravamo accorti, — disse Tabriz.

— Vi è una zona petrolifera al di là delle rocce. Imbarcatevi, signori, e assisterete ad una pesca divertente.

— A ventre vuoto?

— Ho pensato a voi: vi è sotto la prora un canestro con pesci