Pagina:Le confessioni di Lev Tolstoj.djvu/8

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interessante e di possibilissimo. Rammento ancora che mio fratello maggiore, Dimitri, il quale era allora studente all’Università, si diede ad un tratto, con la passione propria della sua natura, alle pratiche religiose; si mise a seguire tutte le prediche, a digiunare, a condurre una vita casta, pura e morale, e noi tutti, anche i più anziani, ci mettemmo a canzonarlo, affibbiandogli, non so perchè, il soprannome di Noè. Rammento pure che Mussin Puskin, rettore dell’Università di Kazan, ci invitava a ballare, e canzonando nostro fratello, che rifiutava i suoi inviti, gli diceva che Davide stesso aveva ballato davanti all’arca. Io apprezzavo allora questi scherzi dei grandi e ne concludevo che bisognava imparare il catechismo e andare in chiesa, ma che non era necessario prender tutto questo sul serio. Rammento altresì che, da giovanissimo, leggevo Voltaire, e che le sue arguzie, anzichè ripugnarmi, mi divertivano assai.

La mia diserzione dalla religione si compiè come accadeva allora e come accade anche adesso alle persone della nostra società. Mi pare che, nella maggior parte dei casi, ciò avvenga nel modo seguente: si vive come tutti vivono, e tutti vivono fondandosi su dei principî che, non solo non hanno nulla in comune con la religione, ma soventissimo sono contrari ad essa. La religione non ha un posto nella nostra vita. Nei rapporti col nostro prossimo non ci accade mai di incontrarla e, nella nostra propria esistenza, non la consultiamo mai. La religione viene applicata qualche volta lungi dalla vita e indipendentemente da questa. Se ci si trova in contatto con essa, la si considera come un fenomeno esteriore, per nulla legato alla vita.

Osservando la vita di un uomo, i suoi atti,