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le confessioni | 81 |
XIV.
In quest’epoca m’era così necessario di credere per vivere, che inconsciamente, nascondevo a me stesso le contraddizioni e le oscurità dell’insegnamento religioso. Ma l’attenzione che portavo al culto aveva dei limiti. Se la liturgia diventava sempre più chiara per me nelle sue espressioni principali, se mi spiegavo, bene o male, le parole: «Consacreremo tutta la nostra vita al Dio Cristo», dopo aver menzionato la Santa Vergine e tutti i santi, se mi spiegavo la ripetizione perpetua delle preghiere per l’Imperatore e i suoi parenti, perchè son più soggetti alla tentazione degli altri, e hanno maggior bisogno di preghiere; se mi spiegavo le preghiere per ottener la sottomissione degli avversari e dei nemici, poichè l’inimicizia è un male, se mi spiegavo queste preghiere ed altre, come l’inno cherubico e le preghiere dell’offertorio, ecc., tuttavia quasi i due terzi di tutti gli uffici rimanevano per me inspiegabili o sentivo che, dando loro una spiegazione, mentivo e con ciò distruggevo completamente la mia unione con Dio, perdendo ogni possibilità di giungere alla fede.
Provavo la stessa impressione alla celebrazione delle feste principali. Ricordarmi del sabato, cioè consacrare un giorno ad essere in rapporto con Dio, m’era comprensibile, ma la gran festa della Risurrezione, questo grande avvenimento di cui non potevo rappresentarmi l’autenticità, restava per me incomprensibile.