Pagina:Le confessioni di un ottuagenario I.djvu/130

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capitolo secondo. 103

compariva, la ragazzaglia di Fratta gli sbatacchiava intorno quel soprannome come per fargli dispetto. Egli non sorrideva come chi prende piacere delle malizie fanciullesche, nè se ne indispettiva come lo sciocco che ne tien conto: passava oltre occupandosi di altro. Era questa la nostra bile. Credo che quel piglio di indifferenza ce lo rendesse tanto antipatico, quanto dal vestito ci compariva ridicolo. E quando poi, trovando per casa o la Pisana od anche me, ci faceva bel viso, e ci accarezzava, noi eravamo beati di mostrargli che le sue moine ci annojavano, e gli fuggivamo via non trascurando di buttarci nelle braccia di qualunque altro che fosse lì intorno, o di metterci a giocherellare col cane da caccia del capitano. Rappresaglie da fanciulli! — Pure, mentre noi ci vendicavamo a quella guisa, egli seguitava a guardarci; ed io ricordo ancora il tenore e perfin la tinta di quegli sguardi. Mi pare che volessero dire: bambini miei, se credessi prezzo dell’opera l’invaghirvi di me, vorrei farvi miei figliuoli prima d’un’ora! — Infatti quando poi gli tornò conto, ci riescì ogniqualvolta lo volle. — Quando io ripenso alla lunghissima via da lui costantemente seguita per farsi ricevere nel cuore di Clara a mezzo dell’amore e degli encomii della nonna, io non posso far a meno di strabiliare. Ma già egli fu sempre così; e non ricordo negozio di piccolo o grave momento nel quale s’imbarcasse, senza navigarci entro coll’eguale costanza, in onta alle bonaccie o ai venti contrarii. La robusta tempra di quell’uomo che non m’invitava dapprincipio a nessuna simpatia, finì coll’impormi quell’ammirazione che meritano le forti cose in questi tempi di fiaccona universale. Oltracciò il suo amore per Clara, nato e covato da lunghi anni di silenzio, protetto coi mille accorgimenti della prudenza, e con tutto il fuoco interiore d’una passione invincibile, ebbe una tal impronta di sincerità, da ricomperare qualche altro men bello senti-