Pagina:Le confessioni di un ottuagenario I.djvu/194

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capitolo quarto. 167


giunse traballando più d’un ubriaco sul margine della fontana. La giovinetta s’era assettata il fazzoletto intorno alle spalle, ma non avea fatto a tempo a trarre i piedi dall’acqua, e rimase un po’ vergognosa un po’ meravigliata di quella visita inopportuna. Leopardo era un bel giovine; di quella bellezza che è formata di avvenenza insieme, di forza e di pace, la bellezza più grande che si possa vedere e che meglio rifletta l’idea della perfezione divina. Aveva del bambino nella guardatura, del filosofo nella fronte, e dell’atleta nella persona; ma la modestia del vestire affatto contadinesco moderava di molto l’imponenza di quell’aspetto. Perciò a prima giunta la fanciulla non ne fu tanto turbata, come se il sopraggiunto fosse stato un signore; e più si rassicurò al levar gli occhi del suo volto, che certo lo riconobbe e mormorò con voce quasi di contento. — Ah, è il signor Leopardo!

Il giovine udì quella sommessa esclamazione, e per la prima volta il suo nome gli parve non abbastanza grazioso e carezzevole per albergar degnamente in labbra tanto gentili. Per altro gli gioì il cuore d’essere conosciuto dalla fanciulla, trovandosi così avviato a stringer conoscenza con lei.

— E voi chi siete, bella ragazza? — domandò egli balbettando, e guardando nell’acqua della fontana il ritratto, chè non gli bastava ancor l’animo di fisar l’originale.

— Sono la Doretta del cancelliere di Venchieredo, — rispose la fanciulla.

— Ah lei è la signora Doretta! — sclamò Leopardo, che con una doppia voglia di guardarla se ne trovò doppiamente impedito per la confusione di averla trattata alle prime con poco rispetto.

La giovinetta alzò gli occhi come per significare — Sì, son proprio io quella, e non capisco perchè se ne debba stupire. — Leopardo restrinse intorno al cuore tutta la ri-