Pagina:Le confessioni di un ottuagenario I.djvu/314

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capitolo sesto. 287

fessor Dessalli lo vinceva d’erudizione, e fra esso e Giulio Del-Ponte si poteva stare in sospeso per la palma del brio e dell’arguzia. Se quest’ultimo lo sorpassava talvolta in prontezza e in abbondanza, Lucilio prendeva tosto la rivincita colla profondità e l’ironia. Egli piaceva agli uomini come senno maturo; Giulio aveva la gioventù dello spirito e incantava le simpatie. Ma il far pensare lascia negli animi traccie più profonde che il far ridere; e non v’è simpatia che non si scolori ad un solo raggio d’ammirazione. Questa, anzichè essere come la prima un dono grazioso da eguale ad eguale, è un vero tributo imposto dai grandi ai piccoli, e dai potenti ai deboli. Lucilio sapeva imporlo valorosamente, ed esigerlo con discrezione. Laonde erano costretti a pagarlo di buona moneta, e ad essergli per giunta riconoscenti.

Il crocchio particolare del senatore per la presenza di Lucilio si ravvivò d’una subita fiamma d’entusiasmo. Egli animava, accendeva, trascinava tutti quegli spiriti azzimati, cincischiati, ma tiepidi e cascanti. Al suo contatto quanto v’era di giovane e di vivo in loro fermentò d’un bollore insolito. Si dimenticavano quello ch’erano stati e quello che erano, per torre a prestanza da lui un ultimo sogno di giovinezza. Ridevano, ciarlavano, motteggiavano, disputavano non più come gente intesa ad uccidere il tempo, ma come persone frettolose di indovinarlo, di maturarlo. Pareva che la vita di ciascuno di essi avesse trovato uno scopo. Una bocca sola, nelle cui parole respirava una speranza eccelsa e misteriosa, una sola fronte, sulla quale splendeva la fede di quell’intelligenza che mai non muore, avevano potuto cotanto. Il Senatore rimasto solo, e ricaduto nella solita indifferenza, stupiva a tutto potere di quei caldi intervalli d’entusiasmo, di quel furor battagliero di contese e di alterchi, da cui si sentiva trasportato come uno scolaretto. Accagionava di ciò l’esempio e la vicinanza