Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/138

Da Wikisource.
130 le confessioni d'un ottuagenario.

andavamo d’accordo ogni giorno meglio!... Io m’accontentava sulle prime di vedere mia madre gustare saporitamente i manicaretti di casa Navagero, e perdere alla bassetta gli zecchini del genero; ma poco stante mi vergognai di quello che innanzi mi appagava, e allora tra mio marito, mia madre e tutti gli altri vecchi, mediconzoli e barbassori che mi si stringevano alle coste, mi parve proprio di essere la pecora in mezzo ai lupi. Mi annoiava, Carlino, mi annoiava tanto, che fui le cento volte per iscriverti una lettera, buttando via ogni superbia; ma mi tratteneva... mi tratteneva per paura di un rifiuto.

— Oh che ti pensi ora? — io sclamai. — Un rifiuto da me?... Non è cosa neppur possibile all’immaginazione! — Come si vede, durante il discorso della Pisana, io aveva cercato e trovato il filo per uscire dal labirinto; questo era di amarla, di amarla sopratutto senza cercare il pelo nell’uovo, e senza passare al lambicco della ragione il voto eterno del mio cuore.

— Sì, temeva un rifiuto, perchè non ti aveva dato caparra di condotta molto esemplare; — ella soggiunse — ed ora voglio dartene una col mettere a nudo tutte le mie piaghette, e stomacartene se posso. —

Io feci un gesto negativo, sorridendo di questa sua nuova paura; ella racconciandosi i capelli sulle tempia, e puntandosi qualche spillo mal fermo nel corsetto continuò a parlare.

— In quel torno fu alloggiato in casa di mio marito un officiale francese, un certo Ascanio Minato...

— Lo conosco; — diss’io.

— Ah lo conosci?... Bene! non potrai dire che non sia un bel giovine, d’aspetto maschio e generoso, benchè lo abbia poi trovato, al cimento, un perfido, uno spergiuro, un disleale, un vero capo d’oca col cuore di lepre...