Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/171

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capitolo decimoquarto. 163

un vile delitto. Il Direttorio e Bonaparte ci tradirono, è vero; ma a quel modo si lasciano tradire solamente i codardi. Bonaparte usò con Venezia, come coll’amica che intende l’amore per servitù, e bacia la mano di chi la percote. La trascurò in principio, la oltraggiò poi, godette in seguito d’ingannarla, di sbeffeggiarla, da ultimo se la pose sotto i piedi, la calpestò come una baldracca, e le disse schernendola: Vatti, cerca un altro padrone!...

Nessuno potrà forse comprendere, senza averlo provato, il profondo abbattimento che mi veniva all’anima da tali pensieri. Quando poi lo raffrontava all’allegra e spensierata felicità che me lo aveva ritardato d’alcuni giorni, crescevano, se era possibile, lo sconforto e l’ambascia. Era proprio vero. Io avea toccato l’apice dei miei desiderii; aveva stretto fra le mie braccia, bella, contenta, amorosa la prima, la sola donna che avessi mai amato; quella che io aveva figurato fin dai primi anni essere la consolazione della mia vita, e il rimedio d’ogni dolore, mi aveva colmato, inebbriato di quante voluttà può mai capire in seno mortale!.. E che cosa stringeva in pugno di tutto ciò?.. Un rimorso!... Ebbro ma non satollo, vergognoso ma non pentito, io lasciava le vie dell’amore per quelle dell’esiglio, e se gli sbirri non si fossero presi la briga di avvertirmene, io sarei rimasto a profanare il funebre lutto di Venezia colla sfacciataggine de’ miei piaceri. Così perfino il nutrimento dell’anima mi si volgeva in veleno, ed era costretto a disprezzar quello, che ancora desiderava di possedere più ardentemente che mai.

Pallido, stravolto, agitato, senza toccar cibo nè bevanda, senza nè guardare in viso, nè rispondere alle domande de’ miei compagni di viaggio, lasciandomi sobbalzare qua e là dai gomiti poco guardinghi dei barcajuoli, giunsi finalmente a Padova. Scesi a terra non ricordandomi quasi più dove mi fossi, e non conoscendo quell’ar-