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Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/177

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capitolo decimoquinto. 169

Emilio era a Milano anch’esso. Un lungo silenzio mi teneva allo scuro di tutto ciò che lo riguardava. Uccidendomi non ne avrei saputo più di prima, e neppure gli avrei recato alcun conforto, mentre invece raggiungendolo, mettendomigli al fianco, rimanendo sempre con lui, chi sa? avrei potuto attenuare le disgrazie che gli aveva tirato addosso colle mie smanie liberalesche. Decisi adunque che sarei partita con voi; perchè in quanto al pormi in viaggio da sola, il pensarci senz’altro mi spaventava. Figuratevi! Avvezza a metter così raramente il piede fuori di casa! Il coraggio no, ma mi sarebbe mancata la pratica, e chi sa in quali impicci avrei potuto cascare! Invece colla scorta d’un amico onesto e fidato sarei ita sicura in capo al mondo. Presa questa deliberazione ne ventilai un’altra. Doveva io parteciparvi il mio disegno, o seguirvi a vostra insaputa finchè la nostra scambievole posizione vi obbligasse vostro malgrado a prendermi per compagna? La mia franchezza propendeva al primo partito; ma il timor d’un rifiuto e la cura della segretezza mi sforzarono al secondo. Tuttavia il maggior ostacolo restava da superarsi, ed era mio fratello. Fra lui e me formiamo siffattamente un animo solo, che i pensieri si disegnano in lui mentre si coloriscono in me: siamo due liuti di cui l’uno ripete spontaneo, e un po’ confusamente, i suoni toccati sulle corde dell’altro. Egli infatti travide il mio disegno fin dalla prima volta che voi foste in nostra casa; non dico ch’egli indovinasse il pensiero ch’io avea formato di accompagnarmi a voi, ma mi lesse chiara negli occhi la volontà di fuggire a Milano. Tanto bastava, per rendere impossibile o almeno molto difficile questa fuga, perchè io conosco l’immenso affetto serbatomi da mio fratello, e ch’egli piuttosto torrebbe di morire che di separarsi da me. Cosa volete? alle volte mi sembra che per un fratello questo amore sia troppo; ma egli è fatto così, e bisogna convenire che è un bel difetto.