Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/193

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capitolo decimoquinto. 185

— Questi appunto, — tornò a chiedere la prima. — Cosa vuol dire questa Cisalpina?

— Caspita! è un nome come Teresina, Giuseppina e tanti altri.

— No, no, ve lo dirò io cosa vuol dire! — soggiunse la Lucrezia. — Costei non ne sa proprio nulla.

— Come non ne so nulla?... Tu che sei proprio la dottorona!

— Minchioni! non vuoi che me ne intenda? ho ballato intorno all’albero facendo le parti del genio della libertà: e ho mio fratello nella Legione Repubblicana!... —

Io aspettava con tanto d’orecchi questa definizione della Repubblica che stentava tanto a venire, e non badava ai delegati di Mantova e delle Legazioni, non ancora unite alla Cisalpina, che oravano in quel frattempo dinanzi al Direttorio, con grande e nuova testimonianza d’italiana concordia.

— Dunque dunque, via, cos’è questa Repubblica Cisalpina? — chiese con mio gran conforto quella che mi pareva la più sciocca e pettegola.

— Cos’è? cosa vuol dire? — gridò fieramente la Lucrezia. — Vuol dire che la Cisalpina c’è, e che la Repubblica saprà mantenerla. L’ha detto e giurato anche il Serbelloni: e il general Bonaparte è d’accordo con lui.

— Per me non mi piace nulla quel general Bonaparte; è magro come un quattrino, e ha i capelli morbidi come chiodi.

— Oh non è nulla, figliuola mia, ne vedrai ben di più belle! È il continuo furore delle battaglie che gli ha ridotto le guancie e la capigliatura a quel modo. Vedrai mio fratello quando tornerà dalla guerra. Scommetto che non potrà più mettersi il cappello!

— Fai ingiuria a tua cognata, Lucrezia! non dir di queste cose! —