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216 le confessioni d’un ottuagenario.

sinistre. — E avete anche la sfrontatezza di confessarmelo?... Non lo amavate più?... Temetemi, o Aglaura! Perchè una mia sola parola può vendicarmi della vostra imprudenza!...

— Temervi? — riprese sempre con calma l’Aglaura — due cose sole io temo, la mia coscienza e Dio!... Fra poco non temerò più nessuno.

— Che pensereste di fare? — le domandò Spiro quasi minacciosamente.

— Uccidermi! — rispose fredda e sdegnosa l’Aglaura.

— No, per tutti i Santi! — le dissi io allora interponendomi. — Io ebbi un vostro giuramento; lo manterrete. —

— Avete ragione, Carlino — rispose ella — non mi ucciderò!... Ma infelice voi, infelice io: faremo causa comune. Ci sposeremo, e pensi Dio al resto.

Credetti che mi crollasse il soffitto sul capo, di tal forza fu l’urlo che scoppiò allora dalle viscere di Spiro. Si gettò innanzi cogli occhi chiusi e colle braccia protese. Credo che se ci avesse abbrancati saremmo rimasti stritolati. Io mi gettai davanti all’Aglaura e feci schermo del mio corpo a quel briaco furore. Allora egli si riebbe dall’improvviso delirio, gli si colorò la fronte d’una rabbia quasi infernale, e aperse le labbra a parlare, ma gli morì nelle fauci la voce. Vidi che un grande castigo pendeva allora da quelle labbra, e per sopportarlo aveva ristretto ogni mia forza intorno al cuore. Ma egli finì col mordersi le mani, volgendo sopra di noi un’occhiata insieme di compassione e di scherno...

— E se...? — aveva egli cominciato a dire, come rispondendo a un interno sospetto che non andò più innanzi, e subito le sue sembianze si ricomposero, il pallore gli si stese sul volto, le membra cessarono di tremare; tornò insomma uomo: fin’allora sembrava proprio una fiera. Tutti