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224 LE CONFESSIONI DI UN OTTUAGENARIO.

tivo di aggregarsi alla Cisalpina; la mestizia dei commiati nostri andava perduta nella gioja nella speranza universale. Io aveva ritrovato una sorella, mi pareva di esser sulla buona via per trovare una patria; ben mi studiava di vivere s'anco avessi perduto per sempre l'amore. Intanto ci demmo la posta a Venezia, tutti repubblicani, liberi, contenti! Essi scomparvero in un calesse sulla via di Verona, io ripresi a piedi la strada della città, fuor della quale li aveva accompagnati un buon miglio. Quell'ammasso di case di torri di cupole in mezzo all'acqua del Mincio, mi fece pensare a Venezia: cosa volete? Invece di sorridere, sospirai; il passato poteva sopra di me assai più del futuro, e lo stesso futuro mi traspariva qual doveva essere di gran lunga diverso dalla creatura prediletta dell'immaginazione. Cionullameno quella festa d'una città italiana, già signora di sè, con corte con leggi con privilegi proprii, la quale si metteva uguale colle altre per esser libera o serva, felice od infelice insieme alle altre, mi saldò nel cuore un bel germoglio di speranze. Sono di quelle speranze che son sicure di crescere, e che morti noi, crescono nel petto dei figliuoli e dei nipoti, finchè tutte le loro parti abbiano avuto effetto di realtà. Anche i Gonzaghi diventavano omai una vecchia memoria storica. Parce sepultis, purchè non facciano la burla di Lazzaro; ma costoro non ce la faranno mai; ove trovare la Marta che preghi per essi?... In fin dei conti hanno stipendiato Mantegna, hanno fatto dipingere a Giulio Romano la volta dei Giganti, hanno liberato il Tasso dallo spedale, hanno vinto o perduto nella persona del condottiero la battaglia di Fornuovo, vi par poco? Era tempo che si mettessero anch'essi a giacere a canto dei Visconti, degli Sforza, dei Torriani, dei Bentivoglio, dei Doria, dei Colonna, dei Varano e di tutti gli altri. Fortunatissimi che furono gli ultimi! ma temo che abbiano dormito un bel pezzo ritti come i fanciulli ostinati: