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242 le confessioni d’un ottuagenario.

tamente all’urto di due braccia animate come le mie dalla disperazione. Tuttavia gridai prima angosciosamente: — Aprite, aprite! — Mi rispose uno strido che mi parve di donna, e in pari tempo una palla di pistola, uscita da un traforo dell’uscio, mi passò rasente le tempie e andò a conficcarsi nel muro dirimpetto.

— Amici! amici! — io gridai. Ma nuove strida soffocarono la mia voce, e un nuovo colpo di pistola partì dalla porta, che mi sfiorò un braccio e me ne fece zampillare il sangue.

Io diedi entro disperatamente coll’una spalla in quella porta, deciso a salvarli anche loro malgrado se erano amici, a farmi uccidere se nemici. L’uscio cadde in pezzi, e affumicato, sanguinoso, colle vesti arse e stracciate, io mi precipitai in quella stanza che parvi certamente un dannato. Rovesciai nel mio impeto una donna che correva qua e là per la stanza colle palme levate al cielo o accapigliate nelle trecce come ossessa dalla paura. Un’altra donna mi fuggiva dinanzi, e parve disposta a volersi salvare precipitandosi dalla finestra; ma io fui più presto a raggiungerla, e la cinsi delle mie braccia mentre appunto il suo corpo spenzolava dal davanzale. Le vampe che uscivano dal piano sottoposto le incenerirono i capelli, due o tre archibugiate salutarono la nostra apparizione alla finestra; io la sollevai per ritrarla da quella posizione così pericolosa dicendole che era amico, accorso per salvarla, che non temesse o eravamo perduti... Il suo volto, bello d’una sublime disperazione, si volse precipitosamente... Io fui per cadere come colto da una palla nel petto... Era la Pisana! La Pisana!... Mio Dio! Chi potrebbe esprimere la tempesta che mi si sollevò nel cuore?... Chi può dar un nome a ciascuna di quelle passioni che me lo sconvolgevano? — L’amore, l’amore fu la prima, la più forte, la sola che raddoppiò la virtù del mio petto, e diede all’animo mio un’audacia invincibile!