Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/265

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capitolo decimosettimo. 257

da Sciarpa, da Fra Diavolo, secondavano le mosse del cardinale. Sette emigrati còrsi, spacciando l’uno di loro pel principe ereditario, avevan bastato per levare a romore buona parte degli Abruzzi, ma i Francesi si opponevano gagliardamente, e ne impiccavano taluni con esempio solenne di giustizia. Non era quella una guerra tra uomini, ma uno sbranarsi tra fiere. Si attendeva in Napoli a rafforzare il governo, ad instillare nel popolo sentimenti repubblicani, a fargli insegnare un vangelo democratico tradotto in dialetto da un cappuccino, a dargli ad intendere che San Gennaro era diventato democratico. Ma da lontano strepitavano le armi russe di Suwarow e le austriache di Kray accennando all’Italia; la flotta di Nelson vincitrice di Abouckir, le flotte russe e ottomane padrone delle isole Jonie, correvano l’Adriatico ed il Mediterraneo. Bonaparte, il Beniamino della vittoria, si divertiva a trinciarla da profeta coi beduini e coi mamalucchi; con lui la fortuna avea disertato le bandiere francesi, e il solo valore li difendeva ancora sulle terre straniere ov’egli, fulmineo vincitore, le aveva piantate. Dopo alcuni mesi si avverò quanto si temeva. Macdonald succeduto a Championnet fu richiamato nell’alta Italia contro gli Austro-Russi che l’avevano invasa; lasciata qualche piccola guarnigione nel castello di Sant’Elmo, a Capua, a Gaeta, egli dovette aprirsi il passo coll’armi alla mano, tanto la ribellione imbaldanziva oggimai anche sui confini dello Stato Romano.

Io m’era abbattuto molte volte in Lucilio, in Amilcare e in Giulio Del Ponte, durante quella guerra disordinata; ma sempre per pochissimi istanti, giacchè le nostre colonne giovavano assai in quelle fazioni per lo più d’imboscata e di montagna, e le adoperavano senza remissione a destra e sinistra, sull’Adriatico e sul Mediterraneo. Avea collocato la Pisana presso la principessa di Santacroce, sorella d’un principe romano ch’era morto alcuni