Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/305

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capitolo decimottavo. 297

sierato, ubriaco, delirante, che correva naturalmente fra le passioni ardenti e sfrenate della rivoluzione, sconcordava alquanto colle idee legali, sobrie, compassate che tornavano a galla. Infine il concordato colla Santa Sede mi piegava mio malgrado a pensieri di matrimonio. La Pisana non dava alcun sentore di quello che sperasse o disegnasse fare. Tornata alla vita solita, era tornata alle solite disuguaglianze d’umore, alla solita taciturnità variata da improvvisi eccessi di ciarle e di riso, al solito amore condito di rabbia, di gelosie e di spensieratezza. Ascanio Minato, ch’era divenuto capitano e avea lasciato a Milano la volubile contessa rubata ad Emilio, ottenne in quel torno d’essere di guarnigione a Ferrara. Anche a Genova egli ronzava intorno alla Pisana senza poterla avvicinare per la nessuna cura che costei si dava di lui nelle diversissime occupazioni di quel tempo. Ma a Ferrara non le parve vero di poter variare d’alcun poco la noja domestica, e s’adoprò tanto che dovetti consentire l’ingresso in mia casa al brillante ufficiale. Costui mi spiaceva per tutte le ragioni: per le sue gesta anteriori; pel mio amor proprio, per la memoria del povero Giulio, per la baldanza del portamento e del parlare, per l’affettazione francese, buffa e spregevole in un còrso. Ma mi guardava bene dal dargli carico di tutto ciò in presenza della Pisana; sapeva che alle volte nulla più nuoce d’un biasimo inopportuno, massime presso le indoli che amano l’assurdo e la contraddizione. Perciò stava composto e con bella creanza; come si conviene ad un magistrato, ad un padrone di casa; ma teneva ben aperti gli occhi in testa, e il signor Minato aveva raramente il coraggio di incontrarli coi suoi.

L’Aglaura e Spiro scrivevano da Venezia notizie piuttosto varie che buone. Avevano avuto un secondo bambino, ma la loro madre era morta, e ne vivevano inconsolabili; il commercio loro prosperava, ma la cosa pubblica sem-