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344 le confessioni d’un ottuagenario.

— C’è di nuovo ch’io non posso più fare nè l’intendente, nè il maggiordomo...

— Ah! mascalzone! E me lo dite in questa maniera?... Son proprio stata una buona donna io a mettere... tutta la mia confidenza in voi!... Uscitemi pure dai piedi, e che non vi vegga mai più!... —

Era tanto fuori di me dalla consolazione, che questi maltrattamenti mi fecero l’effetto di carezze: non fu che dopo, al tornarci sopra, che m’accorsi della porcheria commessa nell’accomiatarmi in quel modo. Certi favori non bisogna dimenticarseli mai quando una volta furono accettati per favori, e chi se ne dimentica merita esser trattato a calci nel sedere. Se la Contessa usò meco con minore durezza, riconosco ora che fu tutta sua indulgenza; perciò non mi diede mai il cuore di unirmi ai suoi detrattori, quando ne udii dire tutto il male che vedrete in appresso.

La Pisana mi accolse a Venezia col giubilo più romoroso di cui ell’era capace ne’ suoi momenti d’entusiasmo. Siccome io avea provveduto che mi si lasciasse libero almeno un appartamentino della mia casa, ella voleva ad ogni costo accasarsi presso di me: ghiribizzo che troverete abbastanza strano raffrontato colla tenerezza e colle cure da lei prodigate fino allora al marito. Ma il più strano si fu quando il vecchio Navagero, disperatissimo di cotal risoluzione della moglie, e della valente infermiera che era in procinto di perdere, mi mandò a pregare in segreto che piuttosto andassi io ad abitare presso di lui, che m’avrebbe veduto con tutto il piacere. L’era un portar troppo oltre la tolleranza veneziana; e da ciò capii che l’apoplessia lo aveva liberato perfettamente da’ suoi umori gelosi. Ma io non mi degnai di arrendermi alle gentili preghiere del nobiluomo; feci parte di questi miei scrupoli alla Pisana, e suo malgrado pretesi che la restasse presso il marito. L’amore avrebbe guadagnato in freschezza e in sapore, quel