Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/351

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capitolo decimonono. 343

cuni ministri del nuovo Regno stettero chiusi molte ore coll’egregio avvocato; ed io mi struggeva indarno di sapere, perchè mai dovesse immischiarsi nelle faccende del governo francese in Italia un consigliere principale del governo austriaco. Anche questo lo seppi poco dopo. L’accorto avvocato aveva preveduto la battaglia di Austerlitz e le sue conseguenze; egli passava dal campo di Dario a quello d’Alessandro per rimediare dal canto suo ai danni della sconfitta. A chi poi si maravigliasse di veder maneggiata da dita femminili una sì importante matassa, risponda la storia che le donne non ebbero mai tanta ingerenza nelle cose di Stato, quanto durante i predominii militari. Lo sapeva la mitologia greca, che mescolò sempre nelle sue favole Venere a Marte.

Le notizie prime della vittoria di Austerlitz giunsero a Milano innanzi al Natale; se ne fece un grande scalpore, e crebbe quando si ebbe certezza della pace firmata il giorno di santo Stefano a Presburgo, per la quale il Regno d’Italia s’allargava ne’ suoi confini naturali fino all’Isonzo. Io dimenticai per un istante la quistione della libertà, per mettermi tutto nella gioia di riveder Venezia, e la Pisana, e sua sorella e Spiro e i nipoti, e i carissimi luoghi dove s’era trastullata la mia infanzia, e viveva pur sempre tanta parte dell’anima mia. Le lettere che mi scrisse allora la Pisana non voglio ridirvele, per non tirarmi addosso un troppo grave cumulo d’invidia. Io non mi capacitava come tutti questi struggimenti potessero combinarsi colla noncuranza dei mesi passati; ma la contentezza presente vinceva tutto, soperchiava tutto. Pensando a null’altro, io salii dalla signora contessa colle lagrime agli occhi, e lì le dichiarai che dopo la pace di Presburgo...

— Cosa mai?... Cosa c’è di nuovo dopo la pace di Presburgo? — mi gridò la signora tirando gli occhi come una vipera.