Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/388

Da Wikisource.
380 le confessioni d’un ottuagenario.

Meglio è contarvela in poche parole. Per la Pasqua del milleottocentosette si stabilirono le nozze. La Pisana fu tanto accorta da farsi invitare dallo zio monsignore a starne presso di lui come governante. Io rimasi con Bruto e l’Aquilina e lo sposalizio fu celebrato, mio malgrado e a richiesta della Pisana, con grande solennità. L’Aquilina, poveretta, gongolava tutta e non toccava terra pel gran piacere, io mi sforzava di godere della sua gioia, e posso credere di non averla almeno guastata. Alle volte mi guardava indietro sorprendendomi di esser arrivato fin là, e non comprendendo nè il perchè nè il come; ma la corrente mi trascinava; se fu tempo in cui credessi alla fatalità fu certamente allora.

Io sposai l’Aquilina. Monsignore di Fratta benedisse il matrimonio; la Pisana fu matrina della sposa. Io mi sentiva entro una gran voglia di piangere, ma non era senza qualche dolcezza quella melanconia. Al pranzo di nozze non ci fu grande allegria; ma anco non rimasero sui piatti molti avanzi. Monsignore mangiava come avesse vent’anni; io, vicino a lui e un po’ sbalordito dagli inopinati accidenti che m’intervenivano, gli domandai non so quante volte della sua salute durante il pranzo. Mi rispondeva fra un boccone e l’altro:

— La salute andrebbe a meraviglia, se non ci fosse questo benedetto scirocco! Una volta non era così. Te ne ricordi, Carlino?... —

Peraltro non pioveva da un mese; e fra tutti i popoli d’Italia Monsignore era il solo che sentisse lo scirocco. Alle mie nozze intervennero, ci s’intende, Donato colla moglie e i figliuoli, il Capitano colla signora Veneranda, e il cappellano di Fratta. Un altro commensale di cui forse vi sarete dimenticati fu lo Spaccafumo; il quale in tanta confusione di governi e di avvenimenti che s’era succeduta, avea sempre continuato ad amministrare la giustizia